Roma - Chiuso nell’eremo di Palazzo Grazioli, è ormai da qualche giorno che Silvio Berlusconi non solo ha scelto la via del silenzio ma rimbalza anche la maggior parte delle telefonate che arrivano alla fidata Marinella. Faccia a faccia e colloqui solo con i suoi collaboratori più stretti, nient’altro salvo pochissime eccezioni. In attesa che si chiuda il capitolo manovra, oggi con il voto della Camera e lunedì con il giudizio dei mercati. Un Cavaliere che rinuncia anche ai funerali di Stato del caporalmaggiore della Folgore Roberto Marchini e che annulla la visita in programma oggi a Belgrado per un bilaterale con il presidente serbo Boris Tadic.
Un premier che non è non di cattivo umore né particolarmente irritato, come lo descrive qualcuno, ma più probabilmente stanco di essere alle prese con troppe beghe interne. Da quelle che coinvolgono il governo - con i rumors che continuano a rincorrersi su nuovi scoop giudiziari in arrivo la prossima settimana, non solo sul fronte Napoli ma anche sul versante Roma con il coinvolgimento della giunta di Renata Polverini - a quelle di partito, con la gestione dei dissidi interni che dopo la nomina di Angelino Alfano a segretario del Pdl stanno tornando a galla. Eppoi c’è il rimpasto, con le quotazioni di Renato Brunetta in salita per il ministero della Giustizia (fuori dai giochi, invece, Maurizio Lupi) e Anna Maria Bernini che potrebbe sostituirlo alla Funzione pubblica.
Un toto nomine che ieri Giorgio Napolitano ha fatto pubblicamente sapere di non gradire, forse perché le ipotesi lette sui giornali in questi giorni - in particolare Franco Frattini a via Arenula - non convincono affatto il capo dello Stato. Senza considerare che se rimpasto deve essere, ci si dovrà occupare anche della poltrona delle Politiche comunitarie e del caso via XX Settembre. Le voci di un Giulio Tremonti che, approvata la manovra, sarà ancora più debole di oggi con il rischio di nuove rivelazioni sul fronte giudiziario continuano infatti a rincorrersi anche tra le stanze di Palazzo Chigi.
Infine, ci sono i numeri alla Camera. Che non preoccupano tanto in vista del voto di oggi, perché la fiducia sulla manovra correttiva sarà necessariamente blindata e anche se non lo fosse dopo gli appelli di Napolitano perfino il Pd avrebbe problemi a mandare sotto il governo. Ma non fanno ben sperare in vista del futuro. Il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto, infatti, ieri è andato su tutte le furie quando in più d’una occasione la maggioranza ha tenuto di due striminziti voti sulla Direttiva rimpatri. Un malessere manifestato direttamente a Berlusconi in un faccia a faccia a Palazzo Grazioli con il Cavaliere che a sentirsi snocciolare la lista degli assenti (due ministri, qualche sottosegretario e molti deputati di peso) non l’ha affatto presa bene. Anche se a sera, dopo un fitto giro di telefonate probabilmente non proprio bonarie, il presidente dei deputati Pdl era piuttosto ottimista: «Vedrete che alla fiducia sulla manovra chi non c’era oggi non mancherà di venire».
Insomma, beghe su ogni versante. Compreso quello della richiesta d’arresto per Alfonso Papa e Marco Milanese. Non solo perché l’intervista al Fatto quotidiano in cui la deputata del Pdl Nunzia De Girolamo chiedeva «libertà di voto» ha di fatto aperto una crepa nel Popolo della libertà dove in molti pensano sia arrivato il memento di concretizzare in qualche modo il «partito degli onesti» invocato da Alfano durante il Consiglio nazionale, ma anche perché Umberto Bossi ha detto chiaro e tondo che «è meglio votare sì per l’arresto».
Ultimo il capitolo Quirinale. Ed è forse questo il principale motivo per cui il Cavaliere continua sulla via del silenzio. L’attivismo di Napolitano, non è un mistero, non ha certo fatto la gioia del Cavaliere nonostante il Colle abbia in qualche modo spianato la strada ad un approvazione rapidissima della manovra. Il punto, infatti, è che - così la vedono a Palazzo Chigi - Napolitano si sta ormai comportando da dominus indiscusso.
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