Per difendersi dal caro benzina ci vuole energia. E non solo per far funzionare i piedi, prima vera alternativa al combustibile. Ma anche per pensare ad un futuro elettrico che strizzi l’occhio all’ambiente e al portafoglio e giri le spalle al monopolio dell’oro nero. L’auto elettrica resta, fra le opzioni futuribili di affrancamento dalla schiavitù da petrolio, però, un miraggio a Milano. Anche a Milano, come nel resto del Paese. In città il parco di vetture «con la spina» non supera le 150 unità (14mila in Italia), che paiono pure troppe per le «colonnine» di ricarica predisposte in città. Per ora il Comune ne ha previste quattro: in via Pagano, in piazza Beccaria, in largo Richini davanti alla Statale e davanti alla Cattolica, punti strategici anche per i motocicli elettrici. Peccato poi che spesso sulle strisce gialle per accedervi siano parcheggiate altre auto, impunite anche in piazza Beccaria, davanti al comando dei vigili. Peccato, anche, che il display segnali, impietoso, che molti degli erogatori non siano funzionanti. Peccato, infine, che, telefonando al numero verde per richiedere la tessera che da diritto al rifornimento, capiti di imbattersi in qualche operatore, si spera solo poco informato sulle sue competenze, che risponde secco di occuparsi di assistenza sanitaria e non di mobilità. Il Comune conferma qualche disagio momentaneo, motivandolo con il passaggio da un call centre esterno a uno che sarà a breve gestito dal Comune e anzi rilancia: entro l’inizio del 2009 saranno create altre 16 colonnine in città, per un totale di 92 prese elettriche di ricarica. Disagi e interferenze a parte, il servizio sarebbe utile: gratis sono sia la corrente per ricaricare l’auto, sia la sosta. Purtroppo la reperibilità sul mercato delle auto elettriche è scarsa: sparite quelle di prima generazione, con pesanti batterie al piombo, il mercato si divide fra qualche prodotto indiano o giapponese che poi però non trova in città un adeguato supporto per ricambi e manutenzione e alcuni modelli, come Panda e Twingo, che vengono acquistati da aziende specializzate e riconvertite. Ancora troppo care: costano quasi il doppio di un’auto tradizionale di pari modello. Ancora troppo poco autonome: non si va oltre gli 80-100 km, il loro tempo migliore, secondo gli estimatori, deve però ancora venire. «Lo scoglio da superare riguarda i costi e poi l’autonomia - spiega Pietro Menga, presidente del Cives, commissione italiana dei veicoli ibridi ed elettrici - la grande industria non ha ancora interesse nel modificare la produzione anche se ci sono progetti interessanti come quello del gruppo Mercedes per Smart, la Th!nk scandinava e il connubio Nissan-Renault che per il 2013 ha studiato un modello per Israele, paese con distanze adatte all’auto elettrica e desideroso di affrancarsi dalla dipendenza del petrolio arabo». Batterie più leggere al litio, un’autonomia superiore ai 100 km, una diffusione capillare della rete di ricarica potrebbero fare dunque dell’auto elettrica un prodotto appetibile per un utilizzo cittadino, mentre in autostrada, il peso delle batterie fa consumare circa il 5 per cento in più. In realtà le aziende avrebbero anche già il know how per creare batterie dall’autonomia superiore, ma non ci sono garanzie sulla loro durata né sui sistemi di smaltimento delle batterie esauste. «Il buon esempio però potrebbero darlo le istituzioni - spiega ancora Menga - in primis dotandosi di mezzi elettrici, perfetti per la città e poi agevolando i privati o i veicoli commerciali. Sono questi alcuni punti delle «decalogo» che abbiamo mandato ai vari Comuni per supportare il decollo del mercato. Milano ha risposto timidamente, anche se è all’avanguardia sui bus con 600 mezzi elettrici e 250 ibridi». Soste scontate, accesso alle Ztl, possibilità di carico e scarico anche fuori orario, in cambio di emissioni zero: sembra un buon affare, non così facilmente praticabile, però, a Milano dove i parcheggi scarseggiano per tutti. Quasi dieci volte tanto quelle elettriche, sono invece le auto ibride, oltre 1000 quelle registrate in città - dotate cioè di due motori che lavorano «in società», uno a combustione e l’altro elettrico.
I maggiori estimatori di questa categoria sono i tassisti, circa 500, che fra Toyota Prius e Honda civic, hanno avuto diversi incentivi dall’azienda e dalla Regione (5 anni e 200mila km in garanzia), per provare il brivido dell’ibrido, abbandonando l’auto tradizionale.«Ora faccio 20 km con un litro - spiega Domenico Porreca, pioniere dell’ibrido per il suo taxi che è costato circa 26mila euro - il risparmio in città è netto e permette di ammortizzare presto la spesa».
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