Enrico Artifoni Con i prezzi che corrono, 62 dollari al barile ieri con la previsione di arrivare a 80 fra non molto, ormai non c’è più scampo. Prima ci si libera dalla dipendenza dal petrolio e meglio è. Questo ragionamento sta spingendo le maggiori case automobilistiche mondiali ad approfondire le ricerche e a incrementare gli investimenti in tecnologie che possano condurre all’utilizzo di carburanti alternativi. Primo fra tutti l’idrogeno, che per la propulsione delle vetture è considerato ormai all’unanimità il «carburante» del futuro. Un’ulteriore conferma è arrivata ieri dal Giappone, con la notizia che tre fra i più importanti costruttori di autoveicoli come l’americana General Motors, la giapponese Honda e la tedesca Bmw hanno raggiunto un’intesa di massima «per lo sviluppo congiunto delle tecnologie di supporto del motore a idrogeno con celle a combustibile». Ciò significa innanzi tutto che i giganti dell’auto hanno abbandonato ogni remora. Idrogeno dev’essere, con la produzione di energia tramite la fusione con l’ossigeno e l’emissione di acqua, e idrogeno sarà. A patto che convenga: da qui la decisione di dividere i costi, soprattutto nella ricerca e nella sperimentazione di tecnologie che altri (qualche cinese a caso...) di lì a qualche anno potrebbero copiare. Gm, Honda e Bmw concentreranno insieme gli sforzi soprattutto per la realizzazione di un sistema semplice e sicuro di rifornimento delle auto con idrogeno liquido. Proprio lo stoccaggio del carburante ha costituito sinora uno dei punti deboli delle auto a idrogeno: il carburante deve passare dal distributore ai serbatoi dei veicoli alla temperatura di 350 gradi sotto zero e qualsiasi perdita, anche minima, nella fase di travaso potrebbe causare esplosioni. Quanto sia delicata allo stato attuale questa operazione abbiamo avuto modo di constatarlo, fra l’altro, nel rally con vetture ecologiche organizzato recentemente in Giappone dalla «Michelin»: durante il rifornimento dei prototipi a idrogeno di Honda, Nissan e Toyota, solo i tecnici potevano accedere all’apposita area recintata e vigilata. Un ostacolo ancora più grande alla diffusione delle vetture a «fuel cell» è rappresentato dalle infrastrutture di produzione e distribuzione dell’idrogeno: una rete non si inventa da un giorno all’altro, anche per i costi che comporta, e ciò fa prevedere tempi comunque lunghi. Passi da gigante, per contro, sono già stati fatti in termini di prestazioni, autonomia e affidabilità delle vetture: Bmw con un prototipo a idrogeno è riuscita addirittura a superare i 300 all’ora. Mentre Gm con il suo prototipo percorre quasi 500 chilometri con un «pieno». Honda invece ha già fatto il primo passo mettendo sul mercato una vettura ad idrogeno già affidabile, la «FCX». Ma gli altri costruttori, ovviamente, non stanno a guardare. Fiat compresa: già nel 2001 il Centro Ricerche della casa torinese ha realizzato il primo prototipo, la Seicento Elettra H2 Fuel Cell, seguito due anni fa dalla più evoluta Seicento Hydrogen e infine, lo scorso anno, dalla Panda Hydrogen.
Su quest’ultima vettura l’idrogeno che alimenta le celle a combustibile collegate a un motore elettrico è stivato in due serbatoi installati sotto il pianale, in modo da conservare tutte le caratteristiche distintive dell’abitacolo della Panda normale. E nel massimo silenzio, questa macchina viaggia già a 130 all’ora.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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