Pierluigi Bonora
da Milano
Allesame del governo cè un provvedimento di mobilità lunga fino a 10 anni, in pratica un accompagnamento alla pensione, che coinvolgerebbe anche circa 2mila lavoratori appartenenti al gruppo Fiat. E a premere su Palazzo Chigi perché il provvedimento passi al più presto sarebbe proprio il Lingotto che, in questo modo, risolverebbe in modo non traumatico il problema degli esuberi. Un intervento in questa direzione, infatti, seguirebbe la linea adottata finora dallamministratore delegato Sergio Marchionne: nessun licenziamento e nessuna chiusura di stabilimenti in Italia.
Ma per evitare allazienda oneri aggiuntivi, Confindustria avrebbe cercato di far passare una proposta tesa ad aggirare lostacolo rappresentato dalla riforma Maroni che dal 2008 allunga letà pensionabile. Unidea, quella di aggirare i nuovi tetti pensionistici, che il sottosegretario al Welfare, Maurizio Sacconi, definisce «assurda e in pieno contrasto con limpostazione moderna della protezione sociale dei lavoratori, quel welfare to work che punta a riqualificare e a reinserire le persone considerate in esubero». «Posso solo confermare - osserva il collega Roberto Rosso - che nelle intenzioni delle aziende interessate non cè alcuna volontà di procedere a un disfacimento del tessuto produttivo, ma si parla solo di assestamenti».
Secondo la richiesta avanzata dalla Fiat, sullo Stato ricadrebbero sette dei dieci anni di mobilità. Il piano anti-esuberi, infatti, vedrebbe i primi tre (quattro anni nel Mezzogiorno) a carico del pubblico, gli altri tre dellimpresa e i restanti ancora sulle spalle dello Stato, per un esborso tra i 15 e i 20 milioni di euro. Ma quello che più ha indispettito Sacconi (il costo per le casse pubbliche, infatti, non è elevato) è un altro aspetto: «Mi chiedo - afferma il sottosegretario - come la Confindustria e le organizzazioni sindacali possano accettare una simile misura assistenziale. È inaccettabile, perché sarebbe la negazione di ciò che tutti dicono di volere: il passaggio dai sostegni assistenziali a politiche che portano al rapido ricollocamento nel mercato del lavoro. In questo caso, invece, si profilano ben dieci anni di inattività, fino alletà della pensione danzianità, per i lavoratori ancora giovani». Interessati al provvedimento sarebbero infatti molti lavoratori che, nonostante letà relativamente giovane (50-55 anni), hanno maturato una lunga anzianità nellazienda.
«Il ministero - puntualizza Sacconi - non è disponibile a compromessi in quanto unipotesi del genere vorrebbe dire una discriminazione tra lavoratori». Intanto, oltre alla Fiat, sembra che altre aziende vedrebbero di buon occhio un provvedimento di mobilità lunga, tra cui parte dellindotto automobilistico che gravita attorno al Lingotto, i settori tessile e informatico per almeno 7mila persone.
«Siamo orientati verso politiche attive e non più di tipo assistenziale - ricorda Sacconi -; puntiamo, attraverso gli ammortizzatori disponibili, a reimpiegare il lavoratore. Al posto dei vecchi sussidi vogliamo combinare lammortizzatore con lorganizzazione di unofferta di occupazione alternativa, ottenibile per esempio attraverso la Borsa del lavoro, già operativa anche se a livello sperimentale, e la formazione, come abbiamo fatto ieri con i dipendenti dellex Lanerossi di Schio ai quali qualcuno dovrebbe spiegare che altri come loro dovrebbero invece godere di un lungo periodo assistenziale». «In pratica - osserva Roberto Rosso -, abbiamo sostituito quel tipo di interventi, decisi dai precedenti esecutivi a favore direttamente dellazionista e non del dipendente, come lultima maxi-rottamazione di automobili.
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