Il secondo ritorno alla parola dopo la caduta del governo Berlusconi, Giulio Tremonti lo affida a una lunga intervista al Corriere della Sera. I toni sono quelli consueti: fotografie efficaci della crisi, nessuna autocritica, parole al vetriolo sui suoi ex compagni di viaggio. Tre, in particolare, i passaggi che aprono ferite. Il primo è quello sulle modifiche imposte dal resto dell’esecutivo alla manovra di agosto che ne «compromisero la credibilità». Il secondo sui rapporti con Berlusconi. «Con lui sono sempre stato leale e lui — forse non i suoi — lo sa. Io avrei compromesso la sua immagine all’estero? Un’accusa che, avendo talvolta letto la stampa estera, trovo ridicola». Il terzo sul suo futuro politico: «Sto riflettendo ma non credo che la crisi consenta più formule one man company o liste antropomorfe». La reazione del Pdl è contenuta. Pochi desiderano attizzare il fuoco, l’umore dominante è tra il dispiaciuto e il deluso. Complici le feste natalizie, i dispacci di agenzia vengono disertati. Fa eccezione il senatore Raffaele Lauro per il quale «l’intervista equivale a una seduta psicoanalitica». Le risposte sono «tutte di puro antiberlusconismo fino al siluro sui partiti one man company. Ne viene fuori: un premier ridotto a segretario da informare, una collegialità del governo inesistente, un Bossi intelligentissimo. Gli rinnovo il consiglio di parlare il meno possibile, senza vaticinare il futuro del nostro Paese». Al telefono, però, i dirigenti del Pdl non evitano l’argomento. Mariastella Gelmini, che ha sempre avuto un buon rapporto con Tremonti, giudica le parole dell’ex collega «sincere e nette come il suo carattere». «Mi sembra che alterni ricordi della sua esperienza - su tutti un certo rammarico per le incomprensioni con Berlusconi - alla difesa della sua politica. Mi rimane il dubbio che il pessimismo con cui descrive l’Italia lo abbia contagiato e frenato nell’azione di rilancio dell’economia. Nonostante tutto, però, continuo a pensare che Giulio sia una risorsa al netto del suo cattivo carattere». Maurizio Lupi «accetta la provocazione di Tremonti». «Siamo stati tutti malati di antropomorfismo. Infatti Giulio è un geniale solipsista. Per lui troppo spesso i meriti sono solo suoi e i torti dei suoi compagni di viaggio. Abbiamo condiviso con lui le sue intuizioni e abbiamo pagato i suoi errori, come i nostri. Sono sicuro che avendo in comune la stessa idea della politica sarà ancora protagonista del nuovo Pdl».
Imbraccia il fioretto il vicecapogruppo, Massimo Corsaro. «Condivido la tesi di Tremonti laddove sostiene che è finita l’era del partito carismatico. È evidente che si è conclusa un’epoca anche perché il carisma non si costruisce a tavolino. Bisogna dare atto a Berlusconi di aver costruito la successione con lungimiranza, scegliendo un leader come Alfano che andava alle medie quando Fini, Casini, D’Alema già vivevano di politica. Certo l’autocritica sarebbe benvenuta da parte di tutti, anche da parte di chi aveva le chiavi della cassaforte. Ma io continuo a pensare che Tremonti sia uno dei più preparati sulla scena europea e non ne vadano disconosciuti i meriti. Mi limito a ricordare che dei 285 miliardi complessivi delle manovre di questa legislatura, solo 30 vengono da Monti». Più affilate le parole di Osvaldo Napoli. «Tremonti mi ricorda, in termini ciclistici, l’uomo solo al comando che però non sa bene quale strada percorrere.
Se avesse ascoltato di più ora non si troverebbe in questa condizione di solitudine. Purtroppo ha sempre dimostrato poca capacità di ascoltare - e lo dico anche come rappresentante dell’Anci - ed è sempre stato molto portato ad offendersi».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.