Nino Materi
Una partita di ping pong dove una racchetta è impugnata dal medico e laltra dal farmacista; a fare la pallina - sballottata a destra e sinistra - è invece il malato al quale spesso le medicine vengono fatte pagare più del dovuto. Per colpa di chi? Anche su questo campo medici e farmacisti il più delle volte giocano a rimbalzarsi le responsabilità. Sullo sfondo il ghiotto mercato dei prodotti farmaceutici divisi in due categorie, quelli «di marca» e quelli «generici». Tra loro il principio attivo è lo stesso, il sapore è lo stesso, lefficacia è la stessa. A cambiare è solo il prezzo: i «griffati» arrivano a costare fino al 50% in più rispetto a pastiglie, sciroppi e fiale «senza marchio». Una realtà che dal 2001 (anno in cui il farmaco generico è stato introdotto in Italia) ad oggi ha posto i camici bianchi nelle condizioni ideali per fare il bello e il cattivo tempo a spese del consumatore.
Ma ora, finalmente, le cose potrebbero cambiare. L'Antitrust ha proposto infatti di introdurre nella normativa farmaceutica «l'obbligo per il medico di prescrivere il principio attivo di un farmaco». In alternativa, secondo la proposta sottoposta a governo e Parlamento, il medico dovrebbe indicare nella prescrizione la facoltà di acquistare un farmaco a più basso prezzo sostituibile a quello prescritto. «In tal modo - spiega l'Autorità - la scelta del farmaco, che attualmente ricade sul medico, sarebbe trasferita al farmacista ed al consumatore finale». Secondo il Garante per la concorrenza, l'adozione di questo obbligo «potrebbe ridurre gli effetti del conflitto di interessi in medicina legato al finanziamento, da parte delle imprese farmaceutiche, delle spese di viaggio e di ospitalità in occasione di corsi, convegni, congressi e visite ai laboratori e ai centri di ricerca aziendali». Un «malcostume» che in molti casi ha assunto i contorni dellillecito penale, così come dimostrano le tante inchieste giudiziarie che hanno smascherato intrecci affaristici ben lontani dalla moralità sancita dal giuramento di Ippocrate. Non a caso il Garante sottolinea come l'ospitalità dei medici a carico del settore farmaceutico rappresenti «un aspetto rilevante del conflitto di interessi in medicina, un fenomeno da mettere sotto osservazione e disciplinare, anche per evitare distorsioni della libera concorrenza».
«Se venisse accolta la nostra proposta - spiega lAntitrust -, verrebbe favorita la concorrenza tra farmaci, incentivando l'utilizzo dei generici o, in ogni caso, di quelli a più basso costo, facilitando la riduzione della spesa farmaceutica a carico delle famiglie e del Servizio Sanitario Nazionale». Un cambio di rotta quantomai opportuno, considerato che nel nostro Paese luso dei «generici» è fermo al 10% del mercato nazionale, mentre in Germania è già a quota 32% e nel Regno Unito addirittura al 39%.
Va precisato che rispetto allintero campionario dei farmaci di marca, il 44% può contare su un «gemello» generico, mentre il 28% non ha ancora un «sostituto» in versione economica.
«Più in generale - conclude il Garante -, il conflitto di interessi in medicina è collegato ad una più vasta tela di relazioni tra ricerca scientifica, farmacologia, prevenzione e cura, industria farmaceutica. La soluzione del problema va cercata prima di tutto sul terreno etico e nell'aumento delle risorse pubbliche da destinare alla ricerca scientifica».
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