«L’avete dimenticato». «No, è ancora con noi» Destra e Lega litigano per l’eredità di Miglio

RomaMiglio chi? Il prufesùr? Il politologo? Quello che Ernst Jünger definì «uno degli uomini più colti d’Europa»? Quello che la Lega ha dimenticato? E sì, stavolta non è stato certo tenero il Secolo d’Italia: da quando è nato il Pdl, il giornale non naviga più solo nelle sue acque storiche, ma ha scoperto il piacere del cabotaggio in mari diversi. «La Padania riscopre Gianfranco Miglio - ha titolato infatti l’altro giorno nel suo inserto culturale -. E la Lega?». Sottotitolo: «Il teorico del federalismo forse non si riconoscerebbe nel Carroccio di oggi».
Quel «forse» non è bastato per evitare la reazione veemente della Padania, che l’ha presa quasi come un atto sacrilego. «La bufala del Secolo. Il professore ha anticipato i tempi, il suo pensiero è la polpa dell’azione della Lega». Insomma, giù le mani da Gianfranco Miglio. I lumbard sono furenti e accusano il quotidiano ex di An di appropriazione indebita. «È sempre stato nostro, nelle prossime ore faremo un convegno su di lui e presto presenteremo la sua prima opera».
La polemica nasce dall’annuncio di un incontro promosso dal quotidiano della Lega e ospitato dal consiglio regionale veneto e da un inserto di quattro pagine dedicato al politologo scomparso nel 2001. Nell’iniziativa il Secolo ha colto una contraddizione. «La sua riscoperta è un atto riparatore - ha osservato Alessandro Campi, professore di storia del pensiero dell’università di Perugia -. Miglio ha dato molto alla Lega, ne è stato il simbolo, ma non è stato ripagato con la stessa generosità». E ha ricordato la famosa litigata con Umberto Bossi, quando il Senatur chiamò il prufesùr «uno scorreggia nello spazio». E anche quando nell’84, allo studioso fu preferito Francesco Speroni dalle cravatte western come ministro per le Riforme. Conclusione: «Lo stesso Miglio probabilmente non si riconoscerebbe nel Carroccio di oggi».
La prima risposta abrasiva è arrivata da Mario Borghezio: «Sorprende che il Miglio anti-italiano sia diventato quasi un’icona del Secolo d’Italia. Segno dei tempi. Ed è inutile ricordare che questa grandissima figura sia nel cuore di tutti noi». E non è vero, ha scritto la Padania «che abbiamo fatto un atto riparatore», perché «il federalismo istituzionale è ormai un percorso tracciato». Insomma, «le sue analisi costituiscono la polpa teorica su cui poggia, ovviamente secondo un adattamento ai mutati tempi dello scenario internazionale, la proposta politica della Lega».
Infine, la controreplica del Secolo. «Noi e Miglio, che c’è da stupirsi?».

Già vent’anni fa, si legge ancora, era stato Massimo Cacciari a sdoganarlo parlando di «uscire dalle vecchie casematte e di rimettere in circolazione il principio della libertà nella cultura». Perciò, «nessun soggetto politico può più vantare nostalgie, egemonie e diritti di esclusiva». Così pure l’anti-italiano Miglio è di tutti.

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