L’avventura umana non è un gay pride

Sui blog e sui siti gay, ma a volte an­che a margine di qualche mio in­contro pubblico, mi contestano co­me omofobo un cucù di qualche me­se fa

Arcigay
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Sui blog e sui siti gay, ma a volte an­che a margine di qualche mio in­contro pubblico, mi contestano co­me omofobo un cucù di qualche me­se fa ch­e esprimeva con amor di filoso­fia il seguente paradosso: se è vero, co­me dice Schopenhauer, che l’astuzia della specie si serve del nostro deside­rio sessuale per riprodursi, allora do­vremmo concludere che diffonden­do l’omosessualità, la contraccezio­ne e il rigetto di avere figli, la specie ha deciso di estinguersi. Conclusione ri­gorosa di un’ipotesi filosofica che ci sia un istinto della specie a guidarci. L’omofobia non c’entra un tubo per­ché non c’è alcun giudizio contro gli omosex e nessuna «colpa» da espia­re. Anzi, concludevo rovesciando la prospettiva. Se infatti usciamo dai no­stri confini e guardiamo alla sovrap­popolazione del pianeta, l’istinto mi­sterioso della specie dovrebbe diffon­dere l’omosessualità in Cina, in In­dia, in Africa per conservare la specie umana ed evitare l’estinzione per ec­cesso di abitanti e consumi. È una tesi omofila? Neanche. È una tesi razzi­sta? Manco per sogno.

Innanzitutto non è una tesi, è solo un’applicazione della filosofia di Schopenhauer al presente; è un paradosso, parte dalla sua ipotesi che la specie abbia un suo dise­gno, e conduce a una considerazione sterile, che non porta a nessuna con­seguenza sul piano umano, nemme­no a livello di giudizio. A volte fa bene scrutare i misteri della vita, fregando­sene dei pregiudizi omofobi e omofi­li, opposti estremismi e opposte idio­zie. Toccavo l’assurda tragedia della vita, non il gay pride.

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