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L’editore-calciatore che non paga i lavoratori

Cristiano Lucarelli da calciatore fa il pugno chiuso sotto la curva. Intanto nel suo "Corriere di Livorno" c’è chi aspetta i soldi da due anni

L’editore-calciatore 
che non paga i lavoratori

Sul sistema dell’informazione tira aria pesante. Lo ricordava La Repubblica illustrando l’adunata in piazza per difendere la libertà di stampa. «Trecento pullman trasferiranno a Roma i manifestanti». Accadeva sabato. Il giorno dopo, domenica, un numero non precisato di autobus e torpedoni hanno trasportato a Siena il popolo dei tifosi del Livorno per la partita di campionato di calcio, divisione nazionale serie A, risultato finale zero a zero.

Che c’azzecca questo con la libertà di stampa? Vado a spiegare l’arcano. Dovete sapere che a Livorno va in stampa dal settembre dell’anno duemila e sette un quotidiano simpatico con testata antica Il Corriere di Livorno. Oggi lo dirige un amico e collega eccellente, Giancarlo Padovan, uno che ama il calcio, le imprese ardue, un professionista di passione e cervello. Il finanziatore principe del giornale si chiama Lucarelli Cristiano, è un attaccante di razza (da non confondersi con che razza di attaccante), è un duro e puro, roba da pugno chiuso sotto la curva, compagni, uniti si vince, anima e sangue, falce e martello. Lucarelli, non amando proprio i giornalisti e preferendo i giornali, decise di mettere mano al portafoglio, abbastanza gonfio per una carriera interessante, e di raggrumare uomini e idee rifondando una testata antica, la seconda voce di Livorno. Tiratura iniziale di diecimila copie, poi scese vertiginosamente come le vicende della squadra calcistica. Ma Lucarelli non ha mollato, il presidente Spinelli, del Livorno non della cooperativa, gli passa 750mila euro a stagione, si può arrivare a fine mese senza particolari patemi.

Al Corriere di Livorno concesse per tre mesi la propria collaborazione una giornalista fascinosa e salottiera che ha un’insegna di casato lunga da qui a Napoli, donna marchesa Januaria Piromallo Capace Piscicelli di Montebello dei duchi di Capracotta. La Piromallo venne contattata dall’allora direttore del Corriere di Livorno, Emiliano Liuzzi, in occasione della presentazione di un libro, scritto dalla donna marchesa, dal titolo Belle e d’annata. Si era alla vigilia del primo numero del foglio e dunque Liuzzi offrì alla Piromallo di scrivere fatti di costume e affini, addirittura una rubrica sul quotidiano, titolo non proprio originalissimo La Posta del cuore, fissato anche il salario, cinquecento euro a settimana, stretta di mano, cin cin, «non ci sono problemi per il pagamento, vedrai».

Passati mesi tre, arrivando il natale, la donna marchesa incominciò a chiedere informazioni sui versamenti dovuti e non percepiti. Totale: settemila euro o giù di lì. Ma qui cominciarono i dolori, dalla posta del cuore a quella del fegato, grosso così. Una telefonata dietro l’altra, nessuna risposta, soliti dribbling «il contabile è in ferie, tranquilla». Le ferie del ragioniere proseguirono, la Piromallo intuendo di essere stata presa per il cuore decise allora di rivolgersi a due avvocati e quindi all’Ordine dei giornalisti per chiedere pareri di congruità sulla parcella e interventi alla fonte. Fra le more, il direttore Liuzzi aveva mollato la poltrona cedendola a Padovan che nulla ha a che fare con detta vicenda. Vicenda finita in tribunale che, ai sensi dell’articolo 633 del codice di procedura civile, ha ingiunto al Corriere il pagamento della cifra di tremila e cinquecento euro più varie ed eventuali, in caso contrario esecuzione forzata. Sembra che altri due giornalisti si trovino in identica situazione di credito. Ma da un anno a oggi nessuna novità dal fronte, il telefono tace, la cassa è chiusa, il paese nemmeno mormora. La libertà di stampa è in pericolo, la libertà di non pagare è assicurata. Compagno Lucarelli facci un gol. Con dedica.

Magari alla donna marchesa Januaria Piromallo.

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