L’EDITORE SALENTINO 4 PAOLO PAGLIARO

Stai viaggiando tra due mari, Leuca è lì che ti aspetta, il faro, la Basilica abbagliata dal sole, il cielo che più cielo non potrebbe essere, pensi di captare i Negramaro, la Pizzica, passi di Taranta e, invece. Invece «Buona Padania a tutti». Ma come? Dove sono? Chi parla? Tutto vero, la canicola nulla c’entra, l’etilometro non segna valori sballati, Radio Padania trasmette sulle frequenze di Radio Rama, segnale perfetto, limpido ma è roba imprevista e imprevedibile, un gentile omaggio di Paolo Pagliaro, il dono è diventato occupazione, lenta, inesorabile. Paolo Pagliaro sta in maniche di camicia, bianca, la cravatta è blu come il colore del mare vero salentino, la voglia di dire e di fare è quella del vento, lu ientu di questa terra magica che è un po’ puttana, ti acciuffa, ti stende e poi torna nel suo giaciglio sciatto e sporco.
Paolo Pagliaro ha cinquant’anni all’anagrafe, ma venti dietro la sua scrivania, è marito di un bellissima donna di Colombia, padre di quattro figli, editore con cento e venti dipendenti, Tele e RadioRama, scrittore (due pubblicazioni sul mondo dei media), uomo di politica nuova o, se preferite, uomo nuovo della politica. Salento libero, dunque, il suo impegno, la sua battaglia, ecco il laccio con la Padania ma con immediati distinguo: «Della Lega non condivido l'approccio alla politica, Mameli, la bandiera sono per noi valori, l’Italia è una e unica, ma è arrivata l’ora di restituire il Salento alla propria identità, alla storia che non sono le sagre di paese ma la civiltà, è la Messapia. Il Salento è stato cancellato da Moro e Togliatti, le Puglie sono diventate la Puglia, il plurale si è fatto singolare con tutti gli annessi, noi rivogliamo, lo vuole la gente, l’indipendenza, un’autonomia così come esistono Emilia Romagna, Abruzzo Molise, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia. Questa è annessione al Paese che lavora, all’Italia e all’Europa. Non è secessione come sostiene Vendola».
Eccolo lu ientu contrario, il lupo che ha fiutato l’aria pericolosa, perché un Salento staccato da Bari toglierebbe potere al governatore poeta, e non soltanto a lui: «Volevamo un referendum, non ce l’hanno concesso, si sono accorti che stavamo e stiamo crescendo. Centoventi sindaci su centoquarantasei si sono dichiarati favorevoli, ma la nomenclatura dei partiti, da sinistra a destra, ha reagito male, la base è con noi, il Palazzo ha paura».
Paura?
«Della costituzione della regione Salento, di una nuova realtà di sostanza, non di forma, non di tatticismi, non di poteri».
Un altro carrozzone...
«No, per favore. Esattamente il contrario. Il progetto, che è portato avanti anche da una proposta di legge presentato da Poli Bortone, prevede la creazione di trenta regioni e l’abolizione delle Province (oggi sono centodieci), dei comuni con meno di cinquemila abitanti, degli enti inutili, con un risparmio della spesa pubblica stimato intorno al cinquanta per cento».
In concreto?
«Guardate in quali condizioni sono le nostre ferrovie, da Lecce in giù. Guardate la situazione delle strade, spiegatemi perché l’autostrada di una “regione” debba fermarsi a Bari. Il porto di Brindisi è stato declassato, il petrolchimico ha fatto il resto, Taranto è stata violentata dall’acciaieria, non riusciamo ad avere il registro dei tumori, hanno intossicato questa terra. Sapete che cosa disse Vendola sei anni fa a Gallipoli? “Ogni raggio di sole ed ogni alito di vento siano un pezzettino di carbone in meno nelle fornaci di Cerano”. Parole al vento, appunto. Lo sfruttamento degli immigrati nel settore del fotovoltaico, ormai selvaggio, il caporalato di aziende cinesi che non pagano, questa è la realtà voluta per fini elettorali. Perché il governatore non fa un giro negli ospedali dopo i tagli alla Sanità, dopo gli scandali della sua parte politica?».
Forse meglio in prima fila al «gay pride» o a Milano, e, comunque, altrove.
«Non possiamo continuare a chiedere l’elemosina a Bari. Taranto, Brindisi e Lecce devono costituire non tre province ma una regione con quasi due milioni di abitanti, un numero maggiore rispetto a Liguria, Marche, Abruzzo, Friuli, Trentino, Umbria, Molise, Basilicata, Valle d’Aosta».
Un territorio sul quale però i gruppi industriali hanno investito.
«Ma pagano le tasse altrove, banche, grande distribuzione, aziende turistiche. Se i tributi venissero versati in Salento saremmo autosufficienti, con un indice di ricchezza elevato anche se si tratterebbe di un rimborso parziale. Questo è federalismo vero, non può dipendere da Bari o da Roma, altrimenti sarebbe la nostra morte».


Per evitare il funerale, vi segnalo che Paolo Pagliaro sa suonare il contrabbasso. Così come il ministro leghista Maroni è abile con l’organo Hammond. Interessante la musica. Da evitare eventuali testi del vero Nicola di Bari, al secolo Nichi Vendola. Buona Padania e Buon Salento a tutti.

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