Caro Granzotto, sulla Stampa di Torino ho letto un articolo che riporta i consigli degli «esperti di etica ambientale per una vita ecologicamente corretta». In sostanza si tratta di una «dieta no carb» che mira a diminuire le emissioni di anidride carbonica permettendoci di farci sentire «virtuosi e salutisti, risparmiatori ed ecologisti, tutto allo stesso tempo», contrastando il riscaldamento globale e tutelando l'ozono. A dettarla sarebbe L'Observer che a giudizio dell'articolista subalpino «allo stile di vita etico tiene tanto da avere un editorialista che se ne occupa a tempo pieno». La lettura dell'articolo mi ha convinto: l'effetto serra esiste e per prima cosa sta lessando i cervelli e desertificando l'interno delle scatole craniche.
Ben detto, gentile lettrice. Conosco l'editorialista «allo stile di vita ecologicamente etico»: si chiama Lucy Sigle, autrice di un ricettario in grado di rendere leggero non il fisico, ma la carbon footprint, la personale impronta ecologica rappresentata dalla quantità di anidride carbonica (calcolata, appunto, in «carb», unità di misura che equivale a 100 grammi di Co2) immessa nell'atmosfera. Pare che mediamente ogni essere umano ne sprigioni - direttamente o utilizzando mezzi di trasporto, apparecchiature elettriche, meccaniche o elettroniche - 11 tonnellate e l'obiettivo delle diete no-carb è quello di dimezzarle. Non lavando se stesso e la propria biancheria, come suggerisce Fulco Pratesi del Wwf, non friggendosi le uova (come è pratica dei carbon criminals) o non facendosi spremute d'arancio fuori stagione, stando ai precetti di Lucy Sigle. La dieta punti no-carb è l'ultimo gioco di società e stia certa, gentile lettrice, che in questa incipiente estate sotto gli ombrelloni non si parlerà d'altro. Sentirà gente vantarsi d'aver risparmiato un carb riciclando in portapenne la bottiglietta del Gatorade o due carb rinunciando alle cozze alla marinara per un piatto di sashimi. Altri due carb non tirando per una settimana lo sciacquone e mezzo carb spegnendo la tv ogni volta che sullo schermo compare il Cavaliere (quelli a regime no-carb son tutti per il languido Veltroni).
Come era da attendersi, la moda della dieta no-carb ha prodotto schiere di esperti in nocarbonismo, uno più stravagante e fregnacciaro dell'altro. Il più pirla dei nocarbonisti pare essere, almeno per ora, quel John Guillebaud che guida l'associazione ambientalista «Optimum Population Trust». Sappia, gentile lettrice, che per Guillebaud la misura più efficace per ridurre la carbon footprint è quella di non fare figli. I bambini avrebbero infatti un potere inquinante a dir poco micidiale, pari a 900 viaggi aerei andata e ritorno Tokio-New York equivalenti a 60 mila tonnellate di anidride carbonica che a volerle smaltire hai voglia a diete no-carb.
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