L’Egitto sogna la svolta Ma i Fratelli musulmani spadroneggiano ai seggi

Prime elezioni libere. Saltano le regole: piovono denunce di brogli. E gli islamici pressano i votanti in attesa davanti alle urne

L’Egitto sogna la svolta  Ma i Fratelli musulmani  spadroneggiano ai seggi

Il Cairo - Un gruppo di donne velate siede tra i banchi di un istituto di ingegneria consultando con attenzione grandi schede elettorali. In un angolo, Bassem Kamel, 42 anni, candidato del nuovo partito socialdemocratico egiziano, controlla che tutto si svolga in maniera corretta. Fuori, centinaia di donne attendono il loro turno per votare. Qui, nel popolare quartiere di Shubra, come nella maggior parte dei rioni del Cairo, le code davanti ai seggi sono lunghissime. In nove governatorati dell’Egitto si è votato ieri nel primo turno di storiche elezioni del dopo Mubarak. Nell’entusiasmo generale, c’è chi ha aspettato per più di quattro ore per poter consegnare il proprio voto alle urne.

Nonostante la presenza ai seggi di osservatori e giudici, le denunce di brogli e compravendite di voti sono arrivate fin dalle prime ore del mattino. Il candidato Kamel racconta di aver assistito in pochi minuti a due episodi di irregolarità: alcune anziane hanno chiesto aiuto agli osservatori dei partiti, che avrebbero indicato alle donne di votare per i candidati dei loro gruppi. Le irregolarità avvengono anche fuori dai seggi, dove la campagna elettorale, che per legge si è chiusa venerdì, va avanti. Ai cancelli delle scuole, uomini e donne distribuiscono volantini della maggior parte dei partiti - vecchi e nuovi, laici e religiosi. Nella via principale di Shubra, furgoncini carichi di giovani con megafoni fanno pubblicità a questo o quel candidato. La scena, però, è dominata dalla campagna dei Fratelli musulmani e del loro partito, Giustizia e Libertà. In un seggio di una zona popolare del Muqattam, la collina che domina il Cairo, la presunta neutralità del luogo è violata dall’enorme cartellone elettorale del partito della Fratellanza appeso all’ingresso.

Di fronte ad alcuni seggi, ci sono gazebi di Giustizia e Libertà. Armati di computer e chiavette Usb per connettersi a Internet, giovani attivisti aiutano i cittadini a trovare il luogo esatto in cui votare, informazione che si può trovare sul sito della Commissione elettorale egiziana. Il risultato della ricerca è annotato su un foglio con i nomi dei candidati della zona, consegnato ai votanti. Davanti alla scuola del Muqattam, in un isolato episodio di imposizione della legge, la polizia ha chiesto ai Fratelli musulmani di smontare il loro gazebo.

Nel suo affollato ufficio di Shubra, Bassem Kamel, il candidato del Partito social democratico, sa che ha davanti un rivale più ricco e organizzato, ma non si demoralizza. «In molti dicono che la rivoluzione non ha ottenuto nulla. Occorre vedere il bicchiere mezzo pieno», dice riferendosi alle conquiste di dieci mesi. Il mattino del 28 gennaio, due giorni dopo l’inizio della rivoluzione, Bassem, in jeans e giaccone, organizzava in segreto assieme a un gruppo di attivisti una grande protesta, che avrebbe portato alla conquista di piazza Tahrir da parte dei manifestanti. In un piccolo appartamento del quartiere di Dokki, preparva il kit di pronto soccorso e le mascherine da chirurgo contro i gas lacrimogeni della polizia. Oggi, nel suo completo migliore, è uno dei candidati al Parlamento di un giovane partito nato dalla rivoluzione, che fatica a imporsi. Ammassati sul balcone dell’ufficio, i cartelloni elettorali con la sua faccia e la scritta: «Assieme per ottenere i nostri diritti». «Non li abbiamo appesi tutti perché ci mancava la corda. Quando abbiamo ricomprato la corda, non c’erano abbastanza volontari», dice lamentando la mancanza di fondi e organizzazione.

Omayma Kamel, candidata in una zona del Muqattam per Giustizia e Libertà, gruppo della Fratellanza, ha appena votato. È rilassata e sorridente. A lei i fondi non mancano e sa che il partito va verso un successo. Dai primi dati sul voto degli egiziani all’estero, il movimento avrebbe più del 75% in Arabia Saudita.

La donna, il lungo velo chiaro che l’avvolge dalla testa ai piedi, non teme che i militari possano manipolare i risultati per timore di una vittoria islamista: «È difficile, troppi occhi sono puntati oggi su questi seggi», dice.

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