Parigi - Il leader dell’estrema destra francese Jean-Marie Le Pen non perde occasioni per mostrare il proprio antiamericanismo. In una Francia già di per sé guardinga e diffidente nei confronti di Washington, il presidente del Front national si differenzia dai principali partiti radicalizzando la propria ostilità fino all’aperta provocazione. Stavolta Le Pen - che sarà candidato alle presidenziali del 22 aprile prossimo (se riuscirà a ottenere il patrocinio di 500 amministratori locali, indispensabile per legge) - si è spinto a banalizzare gli attentati dell’11 settembre, proprio come in passato aveva fatto con l’Olocausto e le camere a gas. Ha anche accusato implicitamente gli americani di essersi comportati «da terroristi» durante la Seconda guerra mondiale.
Al giornale cattolico parigino La Croix, uno dei pochissimi quotidiani nazionali francesi oggi in aumento di copie e di prestigio, Le Pen ha definito «un incidente» gli attentati dell’11 settembre. Di fronte all’ovvia considerazione che quegli attentati sono stati il frutto di un piano criminoso costato la vita a tremila innocenti, il leader dell’estrema destra xenofoba ha detto: «Tremila morti è il bilancio di un mese in Irak». Come dire che le autorità statunitensi sarebbero colpevoli di un 11 settembre al mese.
Ma non basta. Le Pen si spinge a un paragone col secondo conflitto mondiale e, riferendosi sempre alle tremila vittime, dice: «È molto meno dei morti provocati, alla fine della guerra, dai bombardamenti di Marsiglia o di Dresda, che erano anche quelli atti terroristici poiché colpivano apposta popolazioni civili allo scopo di far capitolare dei militari». La condanna da parte dell’intero arco dei partiti rappresentati in Parlamento è arrivata immediata: proprio ciò che Le Pen ha sempre voluto per dimostrarsi «diverso» dal resto dei politici francesi. «Diverso» come l’attore comico francese Dieudonné, molto apprezzato negli ambienti dell’estremismo islamico a causa delle sue affermazioni antisemite. Guarda caso Le Pen e Dieudonné - che teoricamente dovrebbero essere assai lontani tra loro - hanno recentemente duettato in modo amichevole in occasione di una manifestazione pubblica del Front national.
Intanto la campagna elettorale prosegue e la socialista Ségolène Royal continua a essere data perdente dai sondaggi nella corsa all’Eliseo a vantaggio del liberale Nicolas Sarkozy. Tuttavia la sua prestazione tv di lunedì sera - di fronte a 8,9 milioni di persone - le ha consentito una ripresa: prima i sondaggi l’accreditavano di una forchetta 23-26 per cento, ora è al 25-29 per cento. Ségolène Royal continua a prendersela apertamente sia col liberale Sarkozy, candidato chiave del centrodestra, sia col centrista François Bayrou, che si sta invece spostando verso il centrosinistra. Ieri la Royal ha accusato Bayrou di essere un uomo del passato, avendo ricoperto la carica di ministro dell’Educazione nazionale, e di non poter incarnare il cambiamento. A loro volta i collaboratori di Bayrou notano che quel criterio non porta da nessuna parte, visto che la stessa Ségolène Royal è stata ministro dell’Educazione primaria.
Ieri Eric Besson, dimessosi la scorsa settimana da responsabile economico socialista, ha tenuto una conferenza stampa per annunciare le sue dimissioni dal partito e per criticare il programma della Royal.
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