L’energia è cara grazie a Pecoraro, zelante kyotino

Caro Granzotto, ho letto delle proteste delle associazioni di consumatori – un volantino ci è anche stato recapitato dall’amministrazione del condominio – circa i prossimi salati aumenti della bolletta elettrica a causa dell’alta bolletta, quella che l’Italia deve pagare per attenersi al Protocollo di Kyoto. Ma questo significa che il Protocollo di Kyoto è vigente mentre sembrava e non solo a me, parlo per molte altre persone, che fosse stato «congelato» in attesa di mettersi d’accordo con Cina e India che ancora non l’hanno ratificato. Chi è che si è impegnato per noi a non superare il tetto di anidride carbonica prodotta, oltre il quale scatta la penale?

Che domande, caro Grimaldi. Chi vuole che sia stato se non Pecoraro Scanio, a quel tempo infausto ministro dell’Ambiente dell’infaustissimo governo Prodi? E si tenne anche basso, il Pecoraro, per mostrare alle lobby ambientaliste d’essere, nel giro degli scriteriati e isterici kyotini - che fa rima con cretini - il più zelante, il primo della classe. Fissò un tetto di CO2 per l’Italia che le sole flatulenze bovine ci avrebbero fatto superare. Grazie ai kyotini ci troviamo in un bel pasticcio, caro Grimaldi. Ai kyotini e alla loro creatura, il Protocollo, il suggello della Grande Bufala e cioè che i cambiamenti climatici siano provocati dall’attività umana. Opinamento non confortato da un dato scientifico che sia uno, ma basato su pareri personali e sulle solite, compiacenti proiezioni matematiche. Le quali, opportunamente impostate, avrebbero stabilito che per colpa di una umanità criminale e parassita la Terra si stia riscaldando a una velocità tale che, come sostiene quel principesco grullone di Carlo d’Inghilterra, se non ci mettiamo una pezza tempo qualche anno e finiremo arrosto. Tutto ciò mentre la scienza ammette di non poter stabilire se il «climate change» - fenomeno che da sempre accompagna l’evoluzione del pianeta - viri verso il freddo o verso il caldo. Purtroppo, come la più torpida delle carpe gran parte (grandissima parte) dell’opinione pubblica ha abboccato all’amo. Ha creduto alla Grande Bufala. Mettendosi a frignare per le tristi sorti della Terra – anzi, di Terra Madre o, confidenzialmente, Gea – condannata a vaporizzarsi in un delirio di fuoco e fiamme perché noi umani, miserabili, inutili individui che non valiamo la chela di un granchio, l’abbiamo conciata male. Lacrime che hanno fatto da fertilizzante alla mala pianta del protocollo di Kyoto sottoscritto, nel generale tripudio, dal governo Prodi. S’udì allora levarsi dall’intero Stivale un possente sospiro di sollievo: sora Gea l’aveva sfangata. Poi è arrivato il conto (prima rata, 555 milioni) e di conseguenza l’aumento delle bollette (sui 30 euri all’anno). E tàcchete, gli stessi che invocarono, gli stessi che implorarono il Protocollo, ora sono scesi sul sentiero di guerra perché, come sta strillando la Federconsumatori del compagno Epifani, «non deve essere il consumatore a pagare». Ma va’? E chi, sennò? Chi dovrebbe salvarlo, il pianeta, se non coloro che l’avrebbero avvelenato a suon di spruzzate di lacca per i capelli? Che scelgano: o seguitare a usare l’ascensore e il condizionatore e il frullatore e il televisore sapendo di dover pagare una bolletta – grazie al Protocollo di Kyoto – più salata. Oppure, mostrando una più salda coscienza ambientalista, dimezzando i consumi. Rinunciando all’ascensore. Magari anche al phon. Con beneficio e per il bilancio domestico e per la salute di Terra Madre, se uno crede ai Pecorariscani.

Tertium non datur, tertium è solo manfrina da «chiagne e fotte», con rispetto parlando.

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