da Milano
Il Kazakhstan alza la posta nella partita per i giacimenti di Kashagan, nel Mar Caspio, dove sono stati fatti i più importanti ritrovamenti degli ultimi trentanni. Due giorni fa iniziavano i colloqui tra lEni, capofila del consorzio che sta lavorando alla messa in opera del giacimento scoperto nel 2000, e il governo di Astana, la capitale del Kazakhstan. Oggetto: i ritardi per linizio dello sfruttamento (che è slittato prima dal 2005 al 2008 e poi al 2010) e i crescenti costi per gli investimenti. Karim Masimov, presidente del Kazakhstan, aveva già affermato che il suo governo era scontento dellandamento dei lavori ed aveva chiesto di aumentare la quota sui profitti previsti dal 10 al 40 per cento.
E ieri è arrivato un nuovo avvertimento, pesante, attraverso il Wall Street Journal, proprio in coincidenza con linizio dei colloqui che dovrebbero premettere di trovare una soluzione al problema: Masimov ha infatti minacciato di togliere allEni, e al consorzio, il ruolo di operatore nel giacimento di Kashagan. E Astana può far valere dei precedenti in questo campo, portati avanti da Russia e Venezuela che hanno buttato fuori i gruppi occidentali per mettere le mani sui giacimenti. Con una differenza, che gioca a favore del consorzio: dai pozzi di Kashagan sgorga un petrolio pieno di composti velenosi, difficili e costosi da trattare. E Astana difficilmente avrebbe la tecnologia per raffinare un greggio simile o i soldi per procurarsela. Ma cè unaltra carta, che gioca invece a favore del Kazakhstan: la Cina. I cinesi sono territorialmente i più vicini (si fa per dire, sono migliaia di chilometri comunque) e sono sempre più interessati al petrolio dellAsia centrale. Il Kazakhstan li sta giocando per ottenere più concessioni dai russi, per i suoi giacimenti in terraferma, e con gli occidentali per i pozzi del Mar Caspio.
AllEni non sottovalutano la complessità del problema, ma stando a un comunicato, non sembra neppure essere scattato lallarme rosso: «Kashagan è un progetto molto importante che avrà un ruolo centrale nelleconomia kazaka e nel mercato mondiale dellenergia per i prossimi decenni. Tutti i membri del consorzio stanno lavorando insieme al successo del progetto. Siamo già in contatto con le autorità kazake e confidiamo in una soluzione positiva della questione per tutte le parti coinvolte» afferma una nota. Daltro canto, qualche giochino sembra farlo anche il governo di Astana: «Secondo me, non è giusto rimproverare l'Eni per i ritardi nell'avvio della produzione del giacimento petrolifero di Kashagan» ha detto nei giorni scorsi il ministro kazako delle risorse naturali, Baktykozha Izmukhambetov. Senza dimenticare che le elezioni kazake si stanno avvicinando. La Borsa non sembra essersi allarmata molto per la questione kazaka: il titolo Eni è salito dell1,7 per cento. Siamo ancora alle prime schermaglie, i prossimi mesi diranno qual è il vero obiettivo di Astana.
Fanno parte del consorzio per lo sfruttamento di Kashagan, oltre allEni con una quota del 18,52%, anche ExxonMobil, Total e Shell con una identica partecipazione, ConocoPhillips con il 9,26%, KazMunaiGaz e Japan Inpex ciascuna con l8,33 per cento.
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