L’equazione di Bankitalia: più immigrati, meno qualità a scuola

Non si parla di tetti al 30 per cento alla presenza di alunni immigrati, anche perché lo studio è stato pubblicato nell’ottobre scorso, in tempi non sospetti. Ma il tema è sicuramente caldo. E l’ipotesi controversa: una maggiore presenza di immigrati, soprattutto a basso livello di specializzazione, riduce la qualità media della scuola pubblica. Lo sostiene uno studio pubblicato sul sito della Banca d’Italia.
Secondo il «working paper», elaborato dai professori Davide Dottori e I-Ling Shen, l’immigrazione influenza il sistema scolastico sia attraverso effetti sulla base fiscale e la ripartizione di risorse pubbliche, sia attraverso l’aumento della congestione nella scuola pubblica. In parole semplici: aumenta il numero di studenti, ma i genitori degli immigrati, specie se poco qualificati lavorativamente, non possono influire sulle scelte pubbliche da cui dipende il futuro della scuola di Stato. Dalla quantificazione delle tasse alle risorse da destinare all’istruzione.
Certo, il documento è solo uno studio, e non rappresenta la «visione ufficiale» di Bankitalia sul tema. Ma, con tanto di formule matematiche e dati economici, si inserisce nelle polemiche scatenate dalla scelta, avanzata dal ministro dell’Istruzione, Maria Stella Gelmini, di introdurre un tetto del 30% alla presenza di bambini stranieri nelle nostre classi.
L’ipotesi dello studio è che gli immigrati, con reddito inferiore anche a parità di qualifiche rispetto ai cittadini italiani ed essendo sprovvisti di diritto di voto, e dunque incapaci di orientare le scelte politiche sulla tassazione per finanziare il sistema scolastico, causeranno una diminuzione della qualità media delle scuole pubbliche e un’espansione di quelle private. «Se un numero sufficiente di genitori sceglie la scuola privata - si legge nello studio - le risorse per la scuola pubblica diminuiranno perché crescerà la quota di elettorato che non vota per allocare al sistema pubblico le risorse delle tasse». In questo contesto «un maggior numero di immigrati riduce la qualità media della scuola pubblica aumentando il numero di studenti iscritti i cui genitori contribuiscono meno al finanziamento». Inoltre, non avendo diritto di voto, gli immigrati non sono in grado di influenzare la maggioranza verso un aumento delle aliquote. E dunque «a fronte di una minore spesa media, aumentano gli incentivi dei cittadini più ricchi a scegliere la scuola privata e a votare per aliquote minori».
Incrementando un circolo vizioso, così semplificabile: ancora meno risorse alla scuola pubblica, ancora più espansione di quelle private. Infatti «i genitori scelgono se iscrivere i figli alla scuola pubblica o privata sulla base della qualità dell’istruzione ricevuta e dei costi sostenuti». E la qualità dell’istruzione - si sostiene nel «working paper» - dipende direttamente dalla spesa pro capite, ovvero dal rapporto tra risorse «raccolte attraverso la tassazione e numero di alunni nella scuola pubblica».


Nello studio si portano a esempio le dinamiche registrate in molti Paesi Ocse, e in particolare negli Stati Uniti dove «si è osservato che un aumento del numero di stranieri nella scuola pubblica determina uno spostamento dei cittadini americani verso quella privata».

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