«È l’era delle donne Prime in tutto grazie alla testa»

Carolina è oggi. Ma poi ci sono Federica, Valentina, Francesca. Vincenti d’Italia: Kostner, Pellegrini, Vezzali, Schiavone. Medaglie e trionfi, che il paese dei maschi non può vantare. È l’era delle individualiste, donne che possono e soprattutto sanno vincere, più e meglio degli uomini. A dirlo sono i campionati, i numeri. Per Daniele Popolizio lo dice anche la testa: quella delle donne è più forte. Lui la studia da mental coach che ha seguito molti atleti, a partire dalla Pellegrini. E che in passato ha «allenato» la stessa Carolina, oltre a politici e manager.
Partiamo dalla Kostner. Questa vittoria è una svolta?
«Carolina è stata molto criticata e attaccata, poveraccia. Per me il suo però non è mai stato un problema di testa: anche quando l’ho seguita nel 2010, per gli Europei di Tallin, l’ho trovata mentalmente solida».
E quindi qual era il problema?
«Era tecnico, coi salti. Ora che si è perfezionata, ha ricominciato a fare bene: questa medaglia ne è la prova. Ma l’ho sempre considerata una campionessa».
Oggi in Italia sembrano essercene molte. Il nostro paese vince grazie alle donne?
«Sì. In una ricerca del 2007 abbiamo fatto una previsione: che le donne sarebbero riuscite molto più degli uomini nello sport. E non per qualità tecnica, ma per la forza mentale delle donne di oggi».
E come avete fatto questa previsione?
«Lo studio ha confrontato le atlete con gli uomini, sia dello sport, sia del mondo comune. Il risultato è stato chiaro: il livello di forza mentale delle donne era destinato a crescere».
Perché le donne sono più forti oggi?
«Per due motivi. Il primo è che le donne nello sport ricorrono di più a una preparazione mentale specifica. Gli uomini invece sono più resistenti».
E come mai?
«Lo vivono come una ammissione di debolezza, come dire: non sono un macho, ho un problema».
Le donne invece?
«Le donne lo vivono come un vantaggio, una marcia in più».
Il secondo motivo?
«Le donne sanno gestire meglio le emozioni».
Scherza?
«No, di fronte a certe situazioni di stress, pur avendo più emozioni, riescono a viverle meglio. L’uomo invece le vive peggio, specialmente se non le controlla. E nello sport si vince con le emozioni, non con la testa».
Di quali emozioni parliamo?
«Per esempio la rabbia, la paura, la sconfitta. Nell’uomo le emozioni esplodono, anziché dargli vantaggio».
Questo va decisamente contro il senso comune.
«È vero che le donne sono più emotive, e che vivono le emozioni più intensamente. Però sono anche più disposte a lavorarci, perché non seguono lo schema sociale del “devo essere figo”. Perciò sono più forti».
E perciò gli uomini sono più deboli?
«Anche se socialmente il maschio è visto come quello che controlla le emozioni, in realtà in questo è più debole. Si vede anche nell’innamoramento: spesso l’uomo non si rialza. La donna invece si risolleva e riprova».
Quindi non succede solo nello sport?
«È una tendenza diffusa. Le donne sono più flessibili, più disposte a mettersi in discussione. Però nello sport gli uomini sono più rigidi».
E nelle aziende?
«Nel mondo manageriale l’uomo accetta di farsi preparare per le sfide quotidiane, di lavorare sulle proprie risorse, come le donne. E così in politica».
Ha avuto «clienti» in politica?
«Ho preparato due politici importanti, in passato».
E che cosa ha fatto?
«Hanno migliorato alcuni aspetti... Sa, si può essere bravi a vincere ma non a gestire, o si può essere brillanti sul lavoro, e poco nel mondo degli affetti e delle amicizie. E viceversa».
Il ministro Fornero ha detto qualche tempo fa: «Le donne nello sport e nella vita vincono con la forza e la tenacia del loro lavoro». È d’accordo?
«A metà. Anche gli uomini lavorano e hanno tenacia. È vero se si legge la vita con una cultura del sacrificio. Ma se uno non ha talento, anche se si applica molto, può raggiungere solo certi risultati. E vale il contrario, ovviamente».
Il sacrificio non basta?
«No, serve anche il talento. E soprattutto bisogna scoprire quale sia il proprio talento, stare nel campo giusto. Molti lo scoprono troppo tardi».
E poi è fatta?
«E poi devo completare il mio talento. Spesso è incompleto, ma c’è: è questo l’importante. Ma dobbiamo uscire dalla retorica del “facciamoci il culo che poi si riesce”».
Non è così?
«A volte no, non si riesce».
La Kostner...
«Ma non è che gli anni scorsi non si fosse impegnata, si è sempre sacrificata moltissimo».
E quindi?
«Aveva un problema tecnico, l’ha risolto e ha vinto. Se l’è meritato.

Bisogna scoprire gli autogol, gli aspetti di noi che ci imbrigliano».
E le donne sono più brave?
«Sì. Prendiamo la Pellegrini: quasi nessuno, a parte lei, è riuscito a vincere, poi vincere tutto e poi vincere ancora. Perché un conto è vincere qualcosa, un conto è vincere tutto...»

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