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L’eredità dell’Avvocato alla signora De Benedetti

Nelle carte sui lasciti di Giovanni Agnelli oltre ai familiari anche altre persone e, secondo il legale Grande Stevens, diverse donne. Fra le più vezzeggiate l’allora attrice Silvia Monti, che avrebbe ricevuto in dono una barca a vela

L’eredità dell’Avvocato 
alla signora De Benedetti

«Gli uomini si dividono in due categorie: quelli che parlano di donne e quelli che parlano con le donne». Gianni Agnelli, pronunciando queste parole, già sapeva a quale gruppo era iscritto, dalla nascita. In verità lo sapevano le donne da lui frequentate e oggi, con il testamento aperto e il tesoretto nascosto, mille sono le voci, mille le insinuazioni e diecimila le sospettate. Quando l’avvocato dell’Avvocato, al secolo Franzo Grande Stevens, suggerì a Margherita de Pahlen, figlia ed erede del succitato, di rinunciare alla contestazione delle donazioni fatte dal presidente della Fiat a persone estranee all’asse ereditario, la domanda sorse spontanea: e chi sono costoro? Donne, secondo lo stesso Grande Stevens, anzi amanti che in francese si traduce maitresses, non con il significato volgare del nostro dire. Amanti e non fidanzate, essendo l’Avvocato già consorte e soprattutto ritenendo, con perfidia da repertorio, che «ci si innamora a venti anni, poi si innamorano soltanto le cameriere». La belle epoque di Gianni Agnelli coincise comunque con la frequentazione di giovani signore, soprattutto attrici, femmine dello spettacolo, alcune di fascino discreto, come Monica Guerritore dalla quale lo dividevano trentasette anni (lei 18enne, lui 55enne) ma non certo il piacere della vita e la vita di piacere. Secondo i pettegoli e i paparazzi dell’epoca, la Guerritore, tenendo fede al proprio cognome, aveva strappato Agnelli ai desideri di Dalila Di Lazzaro, friulana spettacolare nello sguardo e in tutto quanto. Erano gli anni ruggenti vissuti a Roma, tra la dimora di XX Settembre e il Grand Hotel, tra Dominque Bosquerò, che una notte si calò da una finestra dell’albergo, e Anita Ekberg che, sentendosi tradita da una attricetta francese, liquidò Agnelli che da Tokyo l’aveva destata di notte, mentre era coricata con un regista nostrano: «Tu non ama me, tu maiale italiano, io non ti ama più», buttò giù la cornetta del telefono e mandò a quel paese, il Nostro ma anche, direbbe Veltroni, quell’innocente regista che gli stava di fianco: «Tu italiano, tutti stronzi». Erano anni belli e allo stadio Comunale, ex Benito Mussolini, di Torino, l’Avvocato si presentava puntualmente in tribuna d’onore per assistere alle partite della sua Juventus («Qualcosa per la domenica...» aveva definito così la squadra di famiglia). Non era mai solo, lo accompagnavano amici, tifosi, cortigiani e soprattutto donne bellissime, Silvia Monti era una di queste, era la più solare, affascinante, bionda, fresca di set cinematografici. Era il momento della svolta, a ventisei anni, la veneziana signorina Cornacchia aveva scelto il nome d’arte Monti per interpretare i film che si intitolavano Il domestico, Finché c’è guerra c’è speranza, Metti una sera a cena, Una lucertola con la pelle di donna, Racconti proibiti... di niente vestiti, Il corsaro nero, Il clan dei calabresi ma le attenzioni di Gianni Agnelli erano da oscar, la sua fama, il suo fascino non avevano uguali, Silvia Monti, secondo leggenda metropolitana, entrò così nel cuore dell’Avvocato che ricevette in dono Agneta, la magica barca con le vele di un marrone scuro vissuto, due alberi, legno e ottoni, il cui nome si prestò al gioco, Agne(lli)-(Margheri)ta? In verità si trattava del nome della figlia dell’architetto navale svedese che aveva disegnato l’imbarcazione. La leggenda coincise con le nozze della signorina Silvia Cornacchia Monti con Luigino Donà delle Rose, inventore, fondatore, creatore di Porto Rotondo, con tutti gli annessi e connessi. La traversata si è conclusa con il successivo matrimonio con Carlo De Benedetti. Va da sé che altre figure sono apparse negli anni a fianco dell’Avvocato, si malignava su Sandra Monteleone, reduce da Luca di Montezemolo, si sussurrava di una biondina vicina di casa, consorte presenzialista di un alto dirigente del gruppo Ifi, del resto ci sono uomini che parlano di donne e uomini che parlano con le donne ma soprattutto donne che vogliono stare e fare con certi uomini.

Ora si gioca a individuare la, anzi le vincitrici del superenalotto agnelliano, a completare l’identikit delle favorite di quella donazione che spetta alle maitresses dell’Avvocato.

Considerati certi cognomi, certe carriere, certe esistenze non proprio sofferte e di margine, si potrebbe infine ritenere che, anche nel piacere, Gianni Agnelli abbia fatto del bene. O no?

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