Ieri mattina, mentre sono in coda alla Asl, mi chiama un collega del Giornale e, con la voce incrinata dall’emozione, mi dice: «Ho fatto un errore, anzi, più di un errore: un disastro. Ho sbagliato Turco: a volere l’eutanasia non è Livia, il ministro della Sanità, ma Maurizio, deputato della Rosa nel pugno». Non faccio neanche in tempo a riprendermi dallo choc, che il telefono squilla di nuovo. È il ministro Turco. Riesco ad abbozzare un buongiorno e a dire: «So tutto e mi scuso per l’errore», poi la ministra mi travolge: «Siete degli incoscienti, non sapete neppure che io sono senatore e non deputato, che un ministro non firma una proposta di legge parlamentare». Capisco che è un po’ su di giri e - sapendo di essere in torto – riformulo le scuse. Peggio. In piena crisi isterica, si mette a urlare: «Tu sei solo accecato dalla brama di infangare», dice concedendomi una confidenza che non abbiamo mai avuto, «sei un incompetente...». Il resto non l’ho sentito, perché ho preferito chiudere il telefono, per non turbare con le mie risposte chi avevo intorno.
Certo la Turco non mi ama dai tempi di un dibattito a Cortina. Era lì per fare pubblicità a un suo libro sull’immigrazione e io dovevo duettare con lei. Credeva di passeggiare e di firmare autografi, ma io ero un po’ maldisposto per essermi dovuto leggere 200 pagine di aria fritta e non fui proprio cavaliere. Di fronte alle mie punzecchiature andò in confusione e perfino il pubblico cominciò a contestarla. Non fu una bella figura e capisco che ieri non si sia lasciata sfuggire l’occasione di prendersi una rivincita, arrivando a chiedere le mie dimissioni. Lei che non è per l’eutanasia vorrebbe la mia eutanasia professionale. La ministra non s’è neppure accorta d’aver fatto una gaffe: a liquidare i direttori sono gli editori, non i politici e men che meno il governo. Del resto è abituata a licenziare: ricordate quando cacciò, senza neanche gli otto giorni concessi alle colf, il professor Francesco Cognetti, direttore sanitario del Regina Elena di Roma, nonché luminare internazionale nella cura dei tumori? Lo mandò a casa su due piedi, insediando – forse in ossequio alle quote rosa – una ricercatrice. Due settimane dopo il Consiglio di Stato le diede torto e fu costretta a rimettere Cognetti al suo posto. La Turco disse che era contenta, anzi che era felice che fosse stata premiata la professionalità. Mah, che volete farci, la ministra della Salute è così.
Errore a parte – errore grave, ribadisco, di cui mi scuso con i lettori e ancora con la Turco (cui ho già mandato dei fiori, sperando che questi non le facciano venire un’altra crisi isterica) – non vorrei che la questione dell’eutanasia passasse in secondo piano. La proposta di legge trovata dal Giornale, anche se non reca la firma del ministro, esiste e recita testualmente: «Ogni persona che versa in condizioni terminali ai sensi dell’articolo 7 o che è affetta da una patologia gravemente invalidante, irreversibile e con prognosi infausta, ha diritto a porre termine alla propria esistenza mediante l’assistenza di un medico». I sottoscrittori sono un parlamentare dei Ds (Grillini), uno dei comunisti italiani (Bellillo), due della Rosa nel pugno (Turci, ex Ds, e Turco, Maurizio naturalmente). Il progetto di legge è stato depositato nel silenzio generale il 26 settembre e s’intitola «Disciplina dell’eutanasia». Che dentro il centrosinistra queste idee si aggirino non è dunque una bufala, come ora ci vorrebbero far credere, ma realtà. E l’editoriale di Gaetano Quagliariello pubblicato ieri, una volta messo il Turco giusto, resta attuale. Passata la strumentalizzazione politica dell’errore, sarebbe dunque il caso che la maggioranza spiegasse che cosa intende fare in proposito.
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