L’esercito degli «sceriffi» con le armi spuntate

da Milano

In principio era solo il leghista Giancarlo Gentilini, il primo cittadino più noto della storia di Treviso, cui spetta il copyright del «sindaco sceriffo». Fu lui il primo, era il lontano 1994, a emettere quelle ordinanze contro la microcriminalità di ogni genere e degenerazione, dai lavavetri ai mendicanti ai graffitari, che, allora contestatissime, 13 anni dopo sono state riprese da Nord a Sud della Penisola.
Oggi è un folto popolo quello dei sindaci che, di centrodestra o di centrosinistra, padani e non, si sono meritati la stella sul petto. Che dire di Flavio Zanonato, per esempio, il diessino alla guida di Padova che non ha mai smesso di parlare di integrazione, ma intanto per proteggere da spaccio e violenze i residenti di via Anelli un anno fa in un pomeriggio fece costruire un muro di metallo lungo 80 metri e alto tre, e che da un po’, certo da prima del sindaco di Cittadella Massimo Bitonci indagato in queste ore per la delibera «anti sbandati», proprio come il collega leghista affida a una commissione la decisione se concedere la residenza in base a diversi criteri tra cui il reddito.
Del resto, l’appello al governo affinché concedesse ai sindaci poteri di polizia s’è levato nel settembre scorso proprio da due primi cittadini di sinistra, Sergio Cofferati a Bologna e Leonardo Domenici a Firenze. Nell’attesa i due non hanno aspettato, anzi. Cofferati, per dire, s’è fatto dare del fascista per lo sgombero di due campi rom con tanto di ruspe e all’insaputa di volontari e servizi sociali. Domenici ha scatenato un putiferio di consensi e condanne con l’ordinanza anti lavavetri poi ripresa da Bologna e Roma.
Càpita così che la solidarietà al sindaco di Cittadella sia divenuta il pretesto per tornare a farsi sentire. Immediata la decisione del sindaco di Verona Flavio Tosi di andare persino oltre Bitonci, chiedendo a prefetto e questore di accertare se gli aspiranti residenti siano socialmente pericolosi.

Assordante il crescendo di proteste, dai sindaci di Chioggia e Thiene decisi a imitare Bitonci agli undici colleghi veneti che alla magistratura mandano a dire che «per noi le regole contestate a Bitonci sono prassi da tempo», fino al primo cittadino di Montegrotto che ai suoi concittadini lancia la seguente provocazione: «Per voi non posso fare niente, lo Stato non fa niente, emigrate!».

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