L’Europa irrompe in cucina ma il suo menù è indigesto

La Commissione di Bruxelles in tema di cibi vara leggi sempre più bizzarre: l’ultima riguarda la frittura di pesce

L’Europa irrompe in cucina ma il suo menù è indigesto

Ultima tellina a Passoscuro. Non è un film scartato al festival di Cannes. Trattasi della sagra dell’arsella che si è conclusa ieri sera nel territorio di Fiumicino. Candele, corone, marcia funebre e lamenti, da oggi è severamente proibito pescare il donax trunculus, nome scientifico del caro estinto (che in verità torna a vivere), fine di un piatto fumante, fine dello spaghetto alle telline, addio alla sagra. Cancellati dal menù anche i calamaretti. Con loro i cannolicchi e, se non bastasse, le seppie. Tagliati anche i bianchetti e i rossetti, a seguire il cicerello, il latterino, lo zerro.

Si potrebbe pensare alla marea nera emigrata lungo le nostre coste. No, c’è di peggio, qui il petrolio non c’entra, la falla si è aperta a Bruxelles nel sito dell’Unione europea. Entra in vigore domani il Regolamento Mediterraneo, così hanno deciso: bisogna tutelare le minoranze ittiche, salvaguardare il cibo dei grandi pesci e non dei piccoli uomini, bonificare il mare che non è più nostrum ma monstrum, restituirlo alla vita e dunque togliere dalle reti e poi dalle tavole, di case e ristoranti, le specie più rare.

Quelli dell’Ue conoscono la forma ma non la sostanza, non sanno fare i conti: il nuovo regolamento mette a secco mille pescherecci italiani sui quali e per i quali lavorano oltre tremila addetti, distribuiti su tutto il nostro territorio, dalla Liguria al Veneto, dal Friuli alla Toscana all’Emilia Romagna, all’Abruzzo, alla Campania, dalla Puglia alla Calabria, alla Sicilia. Già si preannunciano scioperi dell’amo e cortei di barcaroli pronti a incrociare i remi ma c’è poco da scherzare, l’onda è lunga, anche alta.

Dopo la curvatura della banana e la circonferenza dello zucchino avevano dovuto accettare il vino ottenuto dalla spremitura non dell’uva ma del ribes e del lampone, per barricarlo, avevano aggiunto i soliti noti, basta con le botti in rovere e avanti con i pezzi di legno, magari montati dopo acquisto all’Ikea.
La cucina dell’Unione europea deve emettere vapori e sapori strani, ambigui, non meglio definiti, quando vanno a fare la spesa non usano il naso ma il goniometro.

Il nuovo regolamento rivoluzionario, in vigore da domani, consente soltanto l’utilizzo di maglie più larghe di quelle attuali e, insieme, l’aumento della distanza dalla costa (come minimo, 1,5 miglia) per la cattura, in pratica diventa impossibile la pesca delle specie di cui sopra, dal novellame ai molluschi, con gli strumenti “storici”, con le draghe, con le reti a strascico, con il rastrello da natante. Sarà un’estate carbonara, il proibizionismo farà saltare i prezzi, prevedibile il mercato nero, già attivo durante il fermo biologico di alcune specie (attualmente i ricci di mare). Ma soprattutto prepariamoci all’invasione dei prodotti made in Cina, laddove l’Ue non è ancora arrivata e mai arriverà, per la goduria dei sushi bar e affini. Dunque il peggio deve ancora arrivare, l’arsella è salva ma noi no, il cannolicchio torna a respirare nella sabbia, il calamaretto soffrirà di nostalgia ma può riaffondare gioiosamente come un palombaro.

Dovremo limitarci alla raccolta di telline arenate, vuote e senza profumo, ricorderemo le tavolate festose per una frittura di paranza, cercheremo di tornare bambini con i bastoncini surgelati. Sarebbe bello intercettare il menù dei signori di Bruxelles, calamaretto in umido, spaghetto all’arsella, banana diritta.

Per la cronaca il commissario che si occupa della Pesca e degli Affari Marittimi si chiama Maria Damanaki, in rappresentanza della Grecia, che strano.
Pare che abbia firmato tra le prime, chiedendo ai colleghi di mantenere il segreto. Come direbbero i cannolicchi felici, acqua in bocca.

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