da Milano
Quante passioni, quanti progetti nella breve vita di Marco Briganti. Lo sport, gli studi aeronautici, la carriera militare, linteresse per larcheologia, il matrimonio con Simona, le missioni allestero, il desiderio confessato agli intimi di diventare papà. Una vita densa e veloce, infrantasi ad appena 33 anni contro la sabbia del deserto iracheno.
Il capitano Briganti, forlivese dorigine, viveva a Poggio Berni sulle colline riminesi, in una casa schiera di nuova costruzione. Laveva lasciata soltanto martedì scorso per tornare in Irak per la seconda volta, dopo i circa 100 giorni trascorsi nel golfo con la Brigata Friuli a fine 2004. Era legato alla sua terra, quel lembo estremo di Romagna che degrada verso le Marche, dove aveva vissuto la gran parte dei suoi momenti significativi. Le gare come ciclista dilettante nella polisportiva Forti e liberi, il diploma allIstituto aeronautico di Forlì, il rientro a Rimini nel 1999 in forze al 7° reggimento Cavalieri dellaria Vega, dopo la frequentazione del 146° corso allievi ufficiali di complemento alla Scuola militare di Bracciano e della Scuola elicotteristi. E a Rimini lavora anche la moglie Simona Lattanzi, umbra dorigine e romana di adozione, insegnante di ginnastica artistica in una palestra e studentessa di scienze delle comunicazioni. Dopo aver ricevuto la terribile notizia da Nassirya, la giovane vedova ha ricevuto labbraccio ininterrotto dei colleghi di Marco e delle autorità locali. «Avevano moltissimi amici nel reggimento» ha detto il colonnello Filippo Camporesi, da agosto comandante del «Vega», uno dei primi a portare laffettuosa testimonianza dellesercito.
Distrutto dal dolore Giovanni Briganti, il padre dellufficiale, che ricorda subito la gioia professionale del figlio per la missione in Irak: «Era innamorato del suo lavoro». E con le lacrime agli occhi sussurra: «Non ci credo ancora, non me me rendo conto».
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