Cosa ci fa un ex colonnello dei carabinieri, divenuto specialista di sicurezza privata, e tuttora in ottimi rapporti con l'Arma, accanto ai boss della ndrangheta? E come è possibile che lufficiale che comandava le «gazzelle», le pattuglie del 112 incaricate di proteggere le strade milanesi, oggi sia in tale confidenza con i clan della malavita calabrese da venire definito senza mezzi termini - nellordinanza di custodia che quei clan ha spedito in galera lunedì scorso - come il «famigerato colonnello»?
È una storia curiosa e inquietante, quella che emerge tra le pieghe dellinchiesta «Caposaldo», sfociata lunedì nellarresto del grande «Pepè» Flachi e di una sfilza di parenti, gregari e complici del boss della Comasina. È la storia di Carlo Alberto Nardone, oggi capo della Delphi Company, ma a Milano noto soprattutto per la sua carriera nellArma, prima come capo del Nucleo Informativo - la struttura dei carabinieri che si occupa di delinquenza politica e terrorismo - e poi del Nucleo Radiomobile. Alcuni anni fa Nardone ha scelto di lasciare lArma e dedicarsi alla libera professione nel campo della sicurezza, specializzandosi nella security a bordo degli aeroplani. Ma ha ancora solidi legami con la Benemerita, alle cui feste viene regolarmente invitato: legami non scalfiti dalla comparsa del nome di Nardone nellinchiesta che nel 2006 portò in cella un suo ex maresciallo, Salvatore Congiu, divenuto investigatore privato e arrestato per avere «comprato» segreti negli uffici della Procura.
Ora il nome di Nardone torna ad emergere nellinchiesta guidata da Ilda Boccassini. Nelle carte, va detto, cè anche il nome di un ufficiale ancora in servizio: Giuseppe Romeo, colonnello comandante dellArma a Vercelli, che chiede ai clan un appoggio in vista delle elezioni cui vuole candidarsi. Ma il ruolo di maggiore spicco è attribuito a Carlo Alberto Nardone. Lex ufficiale lavora per la Tnt, la multinazionale dei recapiti, e svolge un ruolo cruciale nellagevolare la penetrazione allinterno della stessa Tnt da parte dei clan di Africo e Platì, facendo da mediatore tra di loro e la vecchia guardia, i reggini guidati da Flachi, che un piede nellazienda ce lhanno da decenni, quando si chiamava ancora Traco.
«Nardone - scrive il giudice Giuseppe Gennari - figurerà come elemento centrale nella trattativa in corso e manterrà sempre stretti rapporti con gli indagati». Il 10 marzo 2009 Nardone partecipa ad una riunione presso la Tnt cui sono presenti sia gli emissari dei clan di Platì che il boss Paolo Martino e Davide Flachi, figlio di «don Pepè». Ma il passaggio più antipatico arriva il 28 ottobre successivo, quando Davide Flachi va a colloquio in carcere, a Parma, con suo padre.
Lex colonnello avvisava i clan: «Attenti, tra poco vi arrestano»
Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.