Marino Smiderle
da Abano Terme
UnAlfa si accosta, linsegna indica il Grand Hotel di Abano Terme ma il parcheggio è qualche decina di metri più avanti. Un uomo scende, cerca la strada. Cè una gioielleria anche qui, in via Flacco, da dietro i vetri blindati due occhi lo stanno osservando spaventati. Filtra la tensione, la paura, a tre giorni dallomicidio di Gianfranco Piras, anche lui aveva il suo negozio di gioielli a pochi passi da qua. Luomo è solo un turista che cerca lalbergo. I tanti villeggianti stranieri, per lo più tedeschi over 50, sono già a cena. Ma laria è pesante e non solo per i 35 gradi e lumidità: si respira il sospetto, la rabbia della gente. Non lontano, a Treviso, cè unaltra persona arrabbiata. E forse anche umiliata. Il suo tono è gentile, la voce pacata, ma le parole pesano come macigni. Si chiama Antonio Fojadelli, e lui è il magistrato che una settimana fa ha rimesso in libertà uno dei rapinatori killer, quellEmanuele Crovi colpito a morte dal gioielliere prima di essere ucciso. «Con una legge più giusta e soprattutto più severa - commenta amaro il magistrato - oggi probabilmente sarebbero entrambi vivi». Ha chiuso lufficio, parte per dieci giorni di vacanza il procuratore trevigiano. Le aveva programmate da mesi, rinviarle non servirebbe. Lui la sua battaglia la sta combattendo da anni. «Perché serve una modifica di questa legge. Non avrei voluto ma io non potevo evitare in nessun modo che quel bandito tornasse libero. Noi giudici in questo caso non abbiamo voce in capitolo. Lo dice larticolo 94 della normativa sugli stupefacenti: il tossicomane che ha meno di quattro anni ancora da scontare, una volta che si accerta la sua effettiva dipendenza dalla droga e una volta che i rapporti degli assistenti sociali siano favorevoli ha diritto di uscire di prigione per andare a disintossicarsi. È automatico, il magistrato non ha alcuna discrezionalità». Non sarà una vacanza serena per il procuratore. Negli anni Novanta quando dirigeva la Procura distrettuale antimafia di Venezia si trovò sul tavolo proprio il fascicolo del papà del giostraio assassino. Anche lui morì in un conflitto a fuoco con la polizia dopo una rapina. Chissà se adesso il Pm prova rimorsi per aver liberato il figlio. «Non potevo evitarlo e confesso: non ho mai pensato che un violento come Crovi potesse un giorno ravvedersi. Risparmio ulteriori commenti», chiude laconico Fojadelli.
Sul fronte delle indagini continua la caccia agli altri tre complici del rapinatore morto. Sicuramente è uno di loro lassassino dellorafo. Ma gli investigatori sanno già chi sono, questo è certo. Probabilmente gente con cui Crovi aveva già lavorato, le 17 condanne che aveva collezionato fino a ieri permettono agli inquirenti di ricostruire amicizie e complicità. Tutte le rapine le fece con un gruppo ristretto di persone, gli amici più fidati quelli della banda «del Kalashnikov». I loro territori di caccia tra Venezia e Pordenone. Non servono identikit: ci sono le foto. Sono stati battuti a tappeto tutti i campi nomadi di Veneto e Friuli ma è ovvio che i fuggitivi, dopo aver bruciato lAudi usata per la rapina, abbiano deciso di andare lontano, forse anche allestero, e potrebbero essere già in Slovenia o Croazia. «Li prenderemo presto» il lapidario commento del questore di Padova, Alessandro Marangoni. «Lambiente dei giostrai lo conosciamo bene, sappiamo come muoverci, abbiamo imparato molto dalle precedenti indagini».
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