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L’hockey che cerca posto nella lega europea non ha bisogno di violenza

L’hockey che cerca posto nella lega europea non ha bisogno di violenza

Non solo calcio. Quando l’ultrà trasloca in altri sport fa sempre effetto: se poi la violenza si scatena dopo una partita che raggruppa non più di duemila spettatori, è ancora peggio. Il fattaccio è dell’altra sera all’Agorà di Milano, addirittura nel campionato italiano di serie A2 di hockey su ghiaccio. Di fronte il Milano Rossoblù e gli altoatesini dell’Egna, alle spalle una rivalità tra cittadini e valligiani che dura dalla preistoria di questo sport. Niente di nuovo, insomma, se non che le solite schermaglie questa volta sono degenerate e a fine partita c’è stata un’autentica aggressione di un manipolo di ultrà a volto coperto nei confronti della squadra ospite: una trentina di scalmanati sarebbero entrati nello spogliatoio dell’Egna cominciando a far andare le mani.
Brutta storia per uno sport che cerca disperatamente di sopravvivere in una città che stritola tutto quello che non è calcio. Ma anche per una disciplina che ha bisogno di Milano per non restare confinata nelle valli. Eppure questo fattaccio rischia di allargare ancor più la frattura tra le due anime dell’hockey nazionale: da una parte la società milanese che si sente a sua volta danneggiata e prende le distanze dai fatti, riconducendoli ad un episodio inspiegabile, in un ambiente assolutamente tranquillo. Dall’altra gli altoatesini che accusano duramente Milano, chiedendone l’espulsione dal campionato e minacciando di non giocare più nel capoluogo lombardo.
L’hockey, d’altra parte, tra gli sport minori è quello che ha sempre attirato più di ogni altro il fenomeno ultrà. A Milano il tifo organizzato c’è dai tempi dell’Armata Piranesi, ha toccato i suoi apici ai tempi dellle sfide anni Novanta tra Saima e Devils, quando il Forum ospitò fino a diecimila spettatori per il derby della finale scudetto del 1992. Ma gli ultrà fioriscono dappertutto, non solo a Milano: da Varese ad Asiago, da Bolzano fino alla Valpellice. Certo, quelli di Milano non sono nuovi a questi fattacci: nel gennaio scorso cinque ultrà sono stati arrestati a Vipiteno, dove si erano presentati in venti ed erano riusciti a mandare all’ospedale un tifoso locale.
Il servizio d’ordine l’altra sera all’Agorà era minimo, ma nel momento in cui si chiede di togliere la forza pubblica dagli stadi del calcio, per affidarne il controllo agli stewart, sarebbe paradossale dirottarla sugli sport minori.

L’unico vero problema è che Milano si sta giocando un futuro nella Kontinental League con i soldi dei russi: speriamo che certi episodi non finiscano col tenere lontano chi è pronto ad investire.

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