È bastata un'amicizia di vecchia data e una passione comune perché nel 2008 partisse il progetto tutto genovese «Il Canneto editore», nato dall'architetto Nicolò De Mari, da Gianbattista D'Aste, avvocato, e dai commercialisti Giorgio Mosci e Ambrogio Novelli. La piccola ma valida casa editrice ha esordito nel 2009 con la pubblicazione di «Amore e disamore», una raccolta di poesie inedite del pittore Claudio Costa, inserita nella collana «Evoè» dagli editori.
Il 2011 ha consacrato l'affermazione della casa editrice, che in pochi anni ha inaugurato ben cinque collane, tra cui «Aptamì», filone narrativo che quest'anno ha ospitato il volumetto di Marco Bonini, «Altre cose per la testa»: si tratta, più che di un libro vero e proprio, di 67 brevi racconti, a metà tra aforisma e descrizione metafisica; «Altre cose per la testa» è un libricino che vale la pena tenere in borsa o sul comodino, per condividerne i corti viaggi dell'autore mentre ci si sposta per un breve tratto in autobus o in treno, oppure la sera, prima di addormentarsi.
Ciò che più appassiona di questo promettente esordiente, classe 1958, è la capacità di evocare immagini trasversali comuni a chiunque, grazie a cui è possibile percepirne la nostalgica esperienza e parallelamente evocare il ricordo che più si avvicina alla descrizione appena scorsa.
Alla collana «Istorie» troviamo il divertente «Le piccole provinciali di M. de P.», di Fabio Mauri, scomparso a Roma nel 2009: il libro, un'appassionante e originale reinterpretazione delle «Lettere provinciali» di Blaise Pascal del 1656 - ovvero il Monsieur de P. che da il titolo al volume - in questa riscrittura di Fabio Mauri affronta il problema filosofico legato alla qualità dell'arte e alla sua definizione univoca: un eccentrico scambio epistolare tra personaggi realmente esistiti, quali, tra gli altri, i giansenisti Antoine Arnauld e Saint-Cyran, e altri autorevoli interlocutori interamente inventati, come l'affascinante Madame de Berignac e Strabubù, cercherà di dare una risposta definitiva all'ingarbugliato quesito.
Assolutamente imperdibile, in appendice, è la testimonianza di Gianfranco Pangrazio circa la chiacchierata che ebbe con Fabio Mauri nel 2006, a proposito di «Le piccole provinciali», in occasione della mostra «War Word World» inaugurata alla Commenda di Prè dall'associazione Leonardi V-Idea, associazione tutt'oggi presieduta da Gianfranco Pangrazio: per la mostra Mauri mise a disposizione una sua opera del 1975, dal titolo «Linguaggio è guerra», e dell'incontro tra Mauri e Pangrazio rimane oggi questa interessante e stimolante chiacchierata.
A chiudere il volume un breve scritto di Fabio Mauri del 1978, «Saggio senza parole» che ritorna sulla formula che, teoricamente, dovrebbe dare un senso alla qualità dell'arte. Eppure lo stesso Mauri afferma che «credere di sapere esaurientemente cosa sia l'arte del proprio tempo è peccato contro lo spirito critico che non sarà perdonato».
Attualissima la pubblicazione, sempre del 2011, di Roberto Maini «Liberarsi è stupendo»: Maini, meglio noto come gola secca, è uno dei «fantasmi» più noti di Genova, caro ai genovesi malgrado - o forse proprio per - i numerosi insulti spesso rivolti alle facoltose donne del capoluogo ligure che hanno la sfortuna di passare da Galleria Mazzini, quartier generale dell'artista.
«Liberarsi è stupendo» è una raccolta di opere di «Golasecca», dipinte tra il 1973 e il 2009: oniriche, brillanti, coloratissime e a tratti inquietanti, come la serie di stelle marine offerte in espiazioni.
Nel 1967 l'allora giovane Roberto Maini esordisce in una collettiva intitolata «Situazione 67», allestita negli spazi della Galleria La Bertesca, uno dei punti di riferimento dell'arte contemporanea negli anni '60 e '70. Nel 1969 condivide la prima «personale» con l'amico pittore Eugenio Costa, che ha contribuito al volume edito da Il Canneto.
Nel 1970 Roberto Maini è a Lucenra, dal curatore svizzero Jean-Cristophe Amman, alla manifestazione internazionale sulla giovane arte italiana, che raduna tutti i protagonisti della allora emergente arte povera.
La sua ultima personale risale al 1987, a cura di Enzo Cirone, coinvolto anch'egli nella stesura del catalogo.
Rosa Matteucci ha infine curato la bibliografia e il commento al libro, ritraendo la parte più umana e vulnerabile di Maini, il cui intenso ritratto fotografico apre il libro.
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