Politica

L’IDENTITÀ DI UN LEADER

Non è un caso ma sembra una certa armonia prestabilita che il malore di un uomo così pubblico come Silvio Berlusconi sia avvenuto dinanzi ai teleschermi in un’ora di massimo ascolto durante il telegiornale. Se si fosse recato privatamente al San Raffaele per un controllo, la cosa poteva passare inosservata, ma così anche l’assenza di pochi secondi di Berlusconi dalla coscienza è stato un evento della politica italiana: perché il leader di Forza Italia ne è divenuto il contenuto. Mai era accaduto che le sorti della politica nel suo insieme fossero legate alla sorte di un uomo.
Berlusconi ne ha avuto coscienza e ha fatto ogni sforzo per apparire rassicurante. De Gasperi e Togliatti sono stati figure significative, ma «contenuto» della politica essi non furono mai. Berlusconi invece lo è. Lo è al punto che questa sua caratteristica appare nell’Unione: tutti i suoi avversari anche antagonisti tra loro in una coalizione che ha l’antiberlusconismo per oggetto. Berlusconi non è un fondatore di partito, la sua caratteristica non è quella, Forza Italia è fondata sul suo carisma ma lo è perché esiste, oltre alla dirigenza e alla militanza del partito, un popolo che ha fiducia in lui. La sua forza è quella di fare emergere la storia d’Italia, che non è quella scritta dalla sinistra comunista e ratificata da tutti i partiti dell’attuale maggioranza. Di fronte Berlusconi aveva tutti i partiti organizzati in Italia. E un partito del Novecento nasce con una lunga milizia e con una disciplina che viene dalla consuetudine e costituisce un ambiente, in qualche modo una parte. Un partito storico, come la parola indica, è necessariamente parziale. Ma Berlusconi non ha fatto appello a una parte, ha fatto appello a un sentimento, quello della libertà. Non ha scelto, cioè, nessun modo di essere né a destra né a sinistra, ha cercato un valore spirituale e universale. Per questo è riuscito ad avere un consenso che attraversa tutti gli strati sociali e tutte le famiglie politiche. Possiamo dire che non è un capo partito, ma un leader morale. Da questo viene la sua forza, ma anche la sua debolezza: proprio perché si fonda su un sentimento primario, ma di valore ideale, e non si è inserito in nessuna tradizione e in nessuna appartenenza.
Questo è forse il punto debole di Forza Italia: suscitare sì un sentimento di identità, ma non dare quell’appartenenza parziale che è propria del partito. Ho sempre considerato che Forza Italia è l’analogo di formazioni politiche di libertà che sono nate nei Paesi post-comunisti, ultimo l’Ucraina. Sono l’espressione di una frattura contro la potenza dello Stato e contro la cultura che viene dal mondo comunista, che era dominante anche in Italia. Giunge nel momento in cui la distruzione di forze costitutive della storia italiana, come la Democrazia cristiana e il Partito socialista e la vittoria anche materiale della struttura comunista, rendono possibile un sentimento di ricerca nella base del popolo italiano.
La cultura di sinistra è dominante in Italia sia nella cultura politica che in quella accademica e costituisce un ceto che attraversa varie posizioni, ma che sempre ha come riferimento la storia comunista, come quella che ha prodotto l’antifascismo e la Repubblica, la forza culturalmente legittimante. Un popolo non organizzato in partiti, abbandonato dalle sue istituzioni politiche ha avuto l’istinto di trovarsi nel volto di un uomo che diceva una sola parola: libertà. L’immagine del suo impegno e della sua dedizione a questo popolo, visibile anche nella sua sofferenza fisica e nel suo venir meno, ha ancora di più concentrato il sentimento di aver trovato più che un capo politico un punto di attrazione morale.


bagetbozzo@ragionpolitica.it

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