Cronache

L’Idv si arrende, tutta la Liguria con il Giornale

L’Idv si arrende, tutta la Liguria con il Giornale

(...) fanno scattare le poche teste dei presenti verso il centro dell’aula. Appena in tempo per vedere una mantella nera che avvolge in stile Zorro la consigliera segretaria Muratore Carmen Patrizia. E lei che replica, dura. Non si rivolge all’opposizione, ce l’ha con i compagni di maggioranza. Lei, unica superstite di un’Italia dei Valori che in Regione ha perso rappresentanti anziché guadagnarne, sbatte la borsetta e se ne va: «Non erano questi i patti, le vostre firme non dovevano esserci». Ci vorrebbe un po’ di silenzio per sentire Michele Boffa, capogruppo del Pd, che sussurra: «Ma guarda che io avevo detto...»
Quali firme? Quali accordi? È tutto in un documento di poche righe. Quello con cui il consiglio regionale «esprime solidarietà al direttore de il Giornale Mario Giordano insultato e minacciato sul sito ufficiale del partito dell’Italia dei Valori e condanna l’accaduto in quanto configura, oltre al resto, un inaccettabile attacco alla libertà di stampa e al diritto ad esprimere liberamente la propria opinione». Punto, basta. Anzi, basta e avanza. Perché dopo le firme di Plinio e Rosso, primi e unici a sollevare la questione, ci sono anche quelle di tutti i consiglieri di centrodestra presenti. E soprattutto ci sono quelle di tutti i capigruppo di maggioranza. Rifondazione Comunista, Marco Vincenzo Nesci presente. Verdi, Cristina Morelli presente. Comunisti italiani, Tirreno Bianchi presente. Unione a sinistra, Franco Bonello presente. Pd, Michele Boffa, presente. Udc, Rosario Monteleone e Luigi Patrone presenti. Tutti a sostenere la richiesta di solidarietà contro gli insulti e le minacce dei dipietristi.
Lei, la dipietrista superstite, aveva accettato l’idea che l’ordine del giorno potesse essere discusso subito in aula, anziché, grazie alla sua formale opposizione, essere rinviato alla prossima seduta. Ma quelle firme dei colleghi di maggioranza, no, quelle non le prevedeva. E non poteva accettarle. Così, mantella sulle spalle e giro di tacchi sugli stivali, ritira la sua «apertura» e si impunta: l’ordine del giorno può attendere, lei si opporrà. Plinio e Rosso quasi quasi si fregano le mani, la figuraccia così è doppia. Il risultato è comunque già ottenuto visto «il ritrovato momento di unità per censurare senza se e senza ma l’ignobile offesa alla dignità di un giornalista coraggioso e il rozzo attacco alla libertà di stampa», tanto che, aggiungono i due promotori, «l’esempio del consiglio ligure dovrebbe essere imitato da altre assemblee elettive». Carmen Patrizia Muratore non sta neppure a sentire i compagni di maggioranza imbarazzati. Si arrampica lungo la scaletta che porta verso la porta e sparisce.
È il momento di votare gli ordini del giorno. All’ultimo torna anche un messaggero della consigliera segretaria che lascia all’assemblea ogni decisione: «Fate quel che volete, votatevi pure l’ordine del giorno», è il messaggio riassunto all’osso. Quello che è impossibile sapere è chi abbia convinto Carmen Patrizia Muratore a cambiare idea. Non certo Gianni Bernabò Brea, il consigliere comunale della Destra che ieri ha espresso solidarietà a Giordano, aggiungendo: «Ritengo peraltro che l’essere nel mirino di un “personaggio” come Di Pietro sia un titolo d’onore; gli attacchi con insulti di infimo gusto confermano, ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, la battaglia di Mario Giordano e del Giornale contro un malcostume politico e lo schifo che ogni giorno aggredisce il mondo a cui noi apparteniamo, evidentemente sconosciuto al signor Di Pietro». A ricordarglielo direttamente ci ha pensato ieri anche il senatore del Pdl Giorgio Bornacin, che sul caso degli insulti a Giordano è intervenuto sull’ordine dei lavori a Palazzo Madama. Di fronte a lui che dava solidarietà a Giordano sedeva proprio Luigi Li Gotti, autore degli attacchi sul sito dell’Idv. «Non se ne vada, senatore - lo ha bloccato Bornacin - Questo riguarda lei». La solidarietà a Giordano, il senatore del Pdl l’ha data a nome suo e del Pdl. «Mi auguro di poter parlare a nome del Senato», ha buttato lì lasciando i puntini di sospensione.

Dopo l’intervento, il vice presidente Pd Vannino Chiti che presiedeva la seduta, ha censurato gli attacchi al Giornale.

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