L’Idv si schiera con il mafioso pur di processare Mantovano

Il partito di Tonino chiede la testa del sottosegretario per aver negato la protezione a Spatuzza. E prima che l’esponente Pdl prenda la parola il Pd lascia l’aula

L’Idv si schiera con il mafioso  
pur di processare Mantovano

Roma - Per il caso Spatuzza l’Italia dei valori chiede la testa di Alfredo Mantovano. Dopo aver fatto fuoco e fiamme per avere un’audizione in Commissione antimafia del sottosegretario agli Interni, le opposizioni la trasformano in un processo al presidente della Commissione ministeriale che ha negato al pentito di mafia il programma speciale di protezione. E mentre il gruppo Pd abbandona la seduta sostenendo di non avere avuto i documenti «indispensabili» per valutare la decisione, il partito di Antonio Di Pietro afferma che Mantovano è «inadeguato» a rimanere alla guida dell’organismo ministeriale per i pentiti. «In quel ruolo - dice Luigi Li Gotti - è depositario di tanti segreti delicati sulle rivelazioni dei collaboratori di giustizia, ma ha dimostrato di fare un uso politico e strumentale della legge». Fa una certa impressione vedere che l’ex pm di Mani Pulite e i suoi, pur di sostenere le loro tesi, si schierino a difesa di un pentito di mafia.
La seduta a Palazzo San Macuto è movimentata. Il Pd non vuole che Mantovano parli, insiste per consultare i testi delle dichiarazioni fatte dal pentito a tre procure, Palermo, Caltanissetta e Firenze, per verificare se davvero Gaspare Spatuzza ha fatto dichiarazioni «a rate» e la sua attendibilità è inquinata dalle rivelazioni sui rapporti mafia-politica al processo Dell’Utri, arrivate 6 mesi dopo lo scadere del termine fissato per legge dei 180 giorni. Questo, per la Commissione ministeriale, giustifica il no all’inserimento del pentito nel piano speciale di protezione. «Secondo le nostre informazioni - spiega Giuseppe Lumia del Pd - dai verbali risulta invece che i riferimenti a rapporti di politici con la mafia sono stati fatti già prima dello scadere del termine». Il Pd chiede anche i verbali del dibattito nella Commissione ministeriale, sostenendo che ci sono stati contrasti interni e ne vuole capire le ragioni. I documenti non ci sono e prima che Mantovano inizi a parlare tutto il gruppo si alza ed esce. Il sottosegretario risponderà poi che solo le procure possono decidere se consegnare i verbali all’ Antimafia o se è necessario proteggerne il segreto. Quanto ai lavori della Commissione ministeriale, è tutto secretato, addirittura i nomi dei componenti. «È singolare - dice Mantovano - che il Pd contesti a me il “reato” di mancata violazione del segreto di indagine».

I rappresentanti dell’Idv rimangono alla seduta e Li Gotti sferra un attacco durissimo. Contesta a Mantovano lo stesso calcolo dei 180 giorni, facendolo partire non dalle prime dichiarazioni di Spatuzza, il 26 giugno 2008, ma dal momento in cui firma nel verbale «illustrativo» l’impegno a parlare su determinati temi, il 18 dicembre 2008. Sei mesi che fanno la differenza per far dire all’Idv che le dichiarazioni del pentito su Dell’Utri e Silvio Berlusconi non sono affatto «tardive».
La reazione è durissima. Mantovano non ha dubbi e dorme «sonni tranquilli» di fronte alla richiesta di dimissioni. «Stento ancora a credere che un professionista del calibro dell’avvocato Li Gotti faccia tanta confusione sul termine iniziale della collaborazione di un “pentito”.

La legge lo fa decorrere dal momento in cui il dichiarante “manifesta la volontà di collaborare”; lui lo sposta invece alla sottoscrizione del “verbale illustrativo”, che si colloca alla fine dei 180 giorni. Insomma, per l’illustre penalista, Spatuzza avrebbe potuto parlare per 5 anni, poi firmare il verbale e quindi avere ancora 6 mesi a disposizione!».

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