L’illiberale Magris contro il libertarismo totalitario

di Carlo Lottieri

Claudio Magris è un letterato italiano di respiro internazionale. Questo però non basta a tenerlo al riparo dal vizio degli intellettuali di dire la propria su ogni cosa: la si conosca oppure no. In particolare egli è ossessionato da quei liberali che sono talmente favorevoli alla proprietà privata da auspicare il superamento dello Stato moderno e l’avvento di una società in cui protezione e giustizia siano sottratte al controllo monopolistico del ceto politico. Lunedì, recensendo per il Corriere della Sera il volume antologico Sui libri malvagi curato da Aldo Canovari per Liberilibri, ancora una volta Magris ha puntato il dito contro la teoria libertaria, giungendo a dichiarare che «oggi l’intolleranza è prerogativa soprattutto del pensiero unico e dominante anarco-liberista, con la sua supponenza radicaleggiante di essere il migliore, come Togliatti, e, diversamente e peggio di Togliatti, il definitivo». L’anarchia di mercato può legittimamente spiacere, ma quanti la contestano - come fa il romanziere triestino - dovrebbero conoscerla almeno un po’, giudicandola per quello che è. L’anarco-capitalismo non vuole perseguire alcuna limitazione della libertà di parola ed è ben lungi dall’essere dominante. I libertari esistono e il loro numero probabilmente è in aumento. In Italia c’è anche un Movimento libertario, creato qualche anno fa da Leonardo Facco, e accanto a esso una galassia di piccole realtà culturali. Nulla a che fare, però, con l’egemonia gramsciana evocata da Magris. E c’è da chiedersi cosa egli intenda quando parla di anarco-liberismo, dato che nel mondo prevale uno statalismo che affratella la destra e la sinistra e ci sottrae la metà di quanto produciamo. Già nel 1997, sempre sul Corriere, Magris affermò che i libertari sono «contro il diritto» e Raimondo Cubeddu, che ha studiato a lungo tali temi, dovette spiegargli che in Murray Rothbard e David Friedman si propone semmai un altro ordine giuridico, ma non certo la sua negazione. Parlando dei libertari come dei nuovi stalinisti e per giunta in una recensione focalizzata sul tema della censura, ora il romanziere ha immaginato un nuovo Index Librorum Prohibitorum d’impronta liberale, ma egli trascura che per gli anarco-liberisti il diritto di esprimersi è inviolabile e ogni impedimento a pubblicare un testo è semplicemente illegittimo.

Perfino quando nel 1977 in America alcuni neonazisti vollero manifestare a Skokie, nonostante la presenza in quel sobborgo di Chicago di molte persone sfuggite alla persecuzione hitleriana, l’ebreo Rothbard non ebbe esitazione a difendere la libertà di parola: contro ogni possibile repressione. Perché Magris può dire quello che vuole, ma poi ci sono i fatti. E tutti dovremmo distinguere la realtà e i romanzi, la storia delle dottrine politiche e la fatuità dei nostri chiodi fissi.

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