Finalmente ce labbiamo fatta: il primo vagito (lurlo berlusconiano «Prodi vada a casa») ha scosso le mura del palazzo. È accaduto a Vicenza, pioveva, cerano più di quindicimila persone, cerano con Berlusconi anche Bossi e Fini, mancava lUdc benché rappresentata in privato da Giovanardi. Ma mancava Casini, il «bello guaglione» del centrodestra che a debita distanza bacchettava «gli imbecilli che fischiavano linno di Mameli». Un grido di sconcerto, il suo, che ben sappaiava con quello del noto patriota Pecoraro Scanio. Casini poi, sempre da lontano, ha criticato quel che ha detto Berlusconi quando ha ricordato che «i comunisti si sono presi tutto, compreso il presidente della Repubblica che è uno di loro». Il fiducioso Casini ha voluto garantire personalmente che il Presidente della Repubblica è di sicuro un bravo ragazzo avendo già garantito che garantirà tutti gli italiani e non soltanto i suoi compagni di origine: un argomento logico che ci ricorda quello di quel tale che volendo dimostrare agli amici increduli che il proprio gatto era caduto dal ventesimo piano restando incolume, come prova mostrava il gatto. In termini politici «il gatto incolume», cioè il rispetto delle regole garantite, sarà mostrato se e soltanto se, caduto Prodi, il garante del Quirinale avrà consentito agli italiani di tornare alle urne.
A questo proposito vorrei fornire un aggiornamento di quel che bolle in pentola: sono in corso a sinistra grandi manovre per far fuori Prodi e dar vita a un governo che goda dellappoggio esterno di Forza Italia e di An, oltre che dellUdc. Spingono in questa direzione il partito di chi vuol far tornare Massimo DAlema a Palazzo Chigi e di chi lavora per un dopo Prodi istituzionale (il presidente del Senato Franco Marini) o uno con Lamberto Dini. Un tale governo dovrebbe varcare la metà della legislatura, riscrivere una legge elettorale e portare lItalia alle elezioni in un paio danni dopo aver riparato i disastri combinati da Prodi, sicché alla fine la sinistra si presenterebbe in vantaggio grazie alla trasfusione gentilmente offerta dallopposizione.
Questo piano incontra due difficoltà. La prima è lo stesso Prodi i cui uomini sono in campagna acquisti e già provocano alcune assenze «per malattia» o per «gravi motivi familiari» che falcidiano la Casa delle Libertà al Senato quando si vota. La seconda è che una parte degli italiani, fra cui chi scrive, è pronta a legarsi ai cavalli di pietra davanti al Quirinale, per difendere il diritto del popolo sovrano di scegliere coalizione e primo ministro, perché ci sembra che nessuno possa più sostituirsi alla volontà popolare come ai tempi della prima Repubblica.
Ora Prodi ha perso la partita politica, e fra poco anche la poltrona, perché oltre ad essere incompetente e bugiardo (tavolino, spiriti, via Gradoli) è ostaggio di una sinistra odiosa più vicina a talebani ed hezbollah che allOccidente. Prodi è certamente cotto, ma bisogna impedire che dopo di lui arrivi qualche suo amico, a meno che non si tratti di uno che guidi un governo a termine, con contratto stipulato davanti alle telecamere dal notaio Giorgio Napolitano, che rifaccia alla svelta la legge elettorale e convochi le elezioni.
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