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L’Ina fu autorizzata solo perché comprava una banca di dimensioni ridotte. Lo Statuto delle compagnie non può essere radicalmente modificato I dubbi della Vigilanza sulla scalata Unipol L’Isvap, l’Authority delle assicurazioni, sta valutando l’impos

Se l’operazione venisse bloccata dalle Autorità l’obbligo e gli oneri finanziari della scalata ricadrebbero sui compagni di avventura: le 4 Coop, Nomura, Gnutti, Credit Suisse e le popolari

Marcello Zacché

da Milano

Si riapre oggi a Bologna la partita Bnl. Ma gli ostacoli sulla strada della compagnia bolognese potrebbero essere maggiori del previsto. Il dossier in mano all'Isvap, l'Authority che vigila sulle assicurazioni, secondo quanto risulta al Giornale si sta rivelando complesso. Il problema dimensionale, o meglio il rapporto tra le dimensioni di Unipol e Bnl, è il nodo intorno al quale si stanno concentrando le attenzioni dell'autorità guidata da Giancarlo Giannini. Che potrebbe anche bloccare l'operazione Unipol, lasciando l'onere dell'Opa da 4,9 miliardi su Bnl ai soci «solidali» della compagnia: quattro coop (Estense, Adriatica, Talea e Nova), Nomura, Hopa, Carige, Csfb, Bpi, Pop Vicenza, Gavio e Pascotto. Nel pomeriggio i soci di Unipol, convocati in assemblea, daranno il via libera all'aumento di capitale da 2,6 miliardi necessario per lanciare l'Opa sul 59,3% della banca romana, a 2,7 euro per azione. L'esito non è in discussione essendo la compagnia controllata da Holmo, la finanziaria delle coop che ha condiviso fin da subito il progetto dell'amministratore delegato di Unipol, Giovanni Consorte.
Quello su cui ci sarà ancora da discutere è quanto succederà dopo. Il nodo è tecnico ma sostanziale: può una compagnia assicurativa comprare una banca? E se questa è di dimensioni quattro volte superiori? Si può forse dire che la società in questione si trova a cambiare radicalmente la propria attività? Con quali conseguenze per soci e clienti?
Il punto era già emerso e si era parlato per questo di un possibile cambio dello statuto di Unipol, per adeguare l'oggetto sociale, all'attività bancaria, nel rispetto dell'articolo 2361 del codice civile, che vieta l'assunzione di partecipazioni se «per la misura e per l'oggetto della partecipazione si modifica l'oggetto sociale». In questo caso andrebbe garantito ai soci il diritto di recesso. Unipol ha già chiesto in proposito un parere a Renzo Costi, che ha negato la necessità del recesso. Ma in realtà la questione non sarebbe neanche questa.
Secondo indiscrezioni, l'Isvap escluderebbe il cambio di Statuto in quanto inapplicabile. Per la sua natura di raccoglitrice e investitrice di risparmio pubblico, un'assicurazione non può mutare oggetto sociale così come una qualunque impresa industriale. Oltre ai soci, ne dovrebbe rispondere anche ai clienti che le hanno affidato i loro patrimoni. Non a caso l'oggetto sociale delle compagnie è addirittura fissato dalla legge. Non lo può cambiare un'assemblea. Per questo l'Isvap, anche con la consulenza di esperti esterni interpellati per l'occasione, si sta concentrando solo sull'aspetto dimensionale: se questo modifica l'attività originale, allora l'operazione andrebbe vietata.
È dunque la dimensione dell'impresa bancaria, che conta, non la sua natura. C'è un precedente: nel febbraio 1986 l'Ina acquista una partecipazione di controllo della Banca di Marino. L'Isvap concede il suo ok, e motiva la decisione sostenendo che «questo istituto non aveva a ragione richiamato l'articolo 2361 giacché è evidente che la partecipazione in questione, per la sua misura in relazione al patrimonio, non modifica sostanzialmente l'oggetto sociale». Mentre è fuor di dubbio, scrivono ancora all'Isvap, che il controllo della banca «può dar luogo a operazioni strumentali dell'attività assicurativa». Sull'impianto concordò Giuseppe Guarino, noto giurista che nell'occasione scrisse un parere pubblicato sui quaderni di «Giurisprudenza Commerciale». Il problema non riguarda l'acquisto da parte di una assicurazione di una banca, dunque. Anche perché dal 1991 l'attività bancaria è espressamente compresa nelle «attività connesse» all'oggetto sociale (vita o danni che sia). Basta ricordare Generali, che controlla Banca Generali, o la stessa Unipol che ha Unipol Banca. Il problema è la dimensione: sia dal punto di vista della capitalizzazione (Unipol vale 1,8, che salgono a 2,6 miliardi con le azioni privilegiate, Bnl 8 miliardi) sia da quello del business (le riserve di Unipol valgono 30 miliardi, meno della metà dei 66 miliardi della raccolta di Bnl) il rapporto è enorme e potrebbe configurare per l'Isvap un cambiamento dell'oggetto sociale, non sanabile in alcun modo. Né l'aumento di capitale da 2,6 miliardi sposterebbe di molto la questione.
La compagnia guidata da Consorte ha ben presente il problema, e punta a superare il problema tramite la normativa sui «conglomerati finanziari», che consente, a determinate condizioni di ricalibrare i coefficienti patrimoniali e i parametri di solvibilità su base aggregata. Non a caso nel documento informativo Unipol scrive di voler «dar vita a un Conglomerato Finanziario costituito da un gruppo assicurativo e bancario leader in Italia» (lo stesso termine testualmente utilizzato anche dal governatore Fazio). Vedremo. Di certo per Unipol le conseguenze di un eventuale stop dell'Isvap sarebbero clamorose.

Ma lo sarebbero ancora di più per i suoi soci «solidali».

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