nostro inviato a Bari
In un confronto televisivo, il 24 febbraio del 2005, lallora candidato del centrosinistra alla presidenza della Regione Puglia, Nichi Vendola, attaccò il suo avversario, Raffaele Fitto, allepoca governatore in carica. Dicendogli che avrebbe dovuto spiegare a un magistrato la gestione moralmente discutibile della Regione. Solo tempo dopo si seppe che Fitto, dal primo febbraio di quellanno, era stato iscritto nel registro degli indagati. E che appena tre giorni prima era stato dato il via libera alle intercettazioni sui suoi telefoni. Ora che i venti giudiziari soffiano sul governo di Vendola, il ministro per gli Affari Regionali non replica sugli stessi toni. «Quella volta mi disse che avrei dato conto alla magistratura, e un anno dopo le sue parole furono confermate dagli eventi», si limita a osservare.
Ieri il vaticinio lo ha fatto per se stesso: «Non sono e non sarò mai indagato», ha detto.
«Che posso dire? O era una coincidenza quella e lo è anche questa, oppure cè una grande capacità di Vendola di leggere il futuro. Dice una cosa che io mi auguro sinceramente sia vera, ma la certezza con cui la afferma è imbarazzante e anche un po offensiva».
Curioso che proprio dalla sanità, che fu uno dei temi portanti di quella campagna elettorale, arrivino le magagne per il suo successore...
«Premetto che il mio garantismo riguarda anche questa inchiesta, quindi del fronte giudiziario preferisco non parlare, aspettando di capire cosa succede. Ma osservando la situazione politicamente, avendo occupato quel posto per anni, direi che nel merito siamo a un fallimento totale».
Addirittura?
«Proprio perché il tema della sanità era al centro di quella campagna elettorale e perché secondo lui il suo governo avrebbe dovuto segnare una rivoluzione nella politica sanitaria regionale, penso che sia il caso di sottolineare i differenti risultati tra 2000 e 2005 e dal 2005 a oggi. Le nostre scelte avevano una logica: aumentammo al massimo laliquota Irpef nel 2002, allo 0,5% per ripianare il debito, ma negli anni successivi abbassammo la pressione fiscale fino ad azzerarla nel 2005. Chiudemmo, come avete scritto, con un avanzo di 9 milioni di euro nella sanità. Un avanzo frutto di scelte decisamente impopolari, di cui poi ho pagato le conseguenze, ma che rifarei tutte: dalla riconversione di 21 ospedali alla soppressione di 2.700 posti letto e di 90 primariati. Attivammo il 118 che in Puglia ancora non esisteva. Accorpammo strutture vicine, chiudendo quelle insicure e pericolose. Bloccammo le assunzioni, sbloccandole poi solo se collegate a scelte funzionali alle esigenze reali della sanità. Non ci siamo fatti amici, e abbiamo pagato quelle decisioni. Ma era ed è lunica strada per risanare, in Puglia come in tutto il Mezzogiorno. Abbiamo anticipato gli obiettivi del federalismo fiscale: responsabilizzazione degli amministratori e miglioramento della qualità spesa pubblica».
Ma i comuni dove gli ospedali chiudevano non erano contenti. Proprio nella città di Vendola, Terlizzi, ci furono problemi...
«Andai a illustrare il piano nei comuni interessati, e nella migliore delle ipotesi fui contestato, nella peggiore aggredito. I fomentatori dellepoca pagano adesso il prezzo di questo sfascio. Basta vedere i risultati elettorali: nei comuni dove intervenimmo la gente venne fomentata contro di me: e le elezioni le perdemmo di 12mila voti. Ma ribadisco: quelle scelte erano le uniche possibili e sane, lunica terapia e medicina per il Sud dItalia. E questo è il modo per gestire responsabilmente la cosa pubblica».
E la ricetta di Vendola?
«Nel 2006 abbiamo avuto 211 milioni di deficit, saliti a 265 lanno dopo, e a quasi 300 nel 2008. Anche se lentità apparente del deficit è stata ridotta grazie ad artifici contabili».
Si parla di un miliardo di euro, considerando il debito con i fornitori.
«Io so una cosa. Quando siamo arrivati, e la situazione del bilancio sanitario era grave, ci volevano 500 giorni per pagare i fornitori. Nel 2005 eravamo scesi a un tempo medio di 200 giorni. Ora siamo di nuovo a 500. E questo vuol dire che vanno aggiunti costi di interessi e spese legali per la massa di contenzioso che ne deriva. E poi la pressione fiscale...».
Che centra?
«Noi lavevamo azzerata. Oggi lIrpef è al massimo, lIrap a un punto, sono aumentate le accise della benzina che in Puglia costa più che dovunque altro e cè pure laddizionale sul metano, per autotrazione e per uso domestico. Tutto per coprire il deficit. E ad oggi manca ancora del tutto un piano ospedaliero. Quello in vigore è il nostro, datato 2002. E allepoca contestato da Vendola, che però se lè tenuto e, visto che il lavoro sporco per risanare lavevo fatto io, lha abbandonato al caos. Poi voglio dire, magari siamo diversi, almeno così qualcuno ritiene...».
In che senso?
«Be, per esempio, cè chi ritiene che io dovevo sapere cosa faceva anche il direttore sanitario del più piccolo ospedale. Lui sembra che possa non sapere cosa facevano il suo vice o il suo assessore alla Sanità».
E ora come se ne esce?
«Con scelte coraggiose. Sopprimendo gli ospedali pericolosi per chi vive al Sud, che portano alla crescita della mobilità passiva, con i cittadini che vanno a farsi curare nelle altre regioni e aggiungono al danno la beffa di un aumento dei costi.
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