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L’inchiesta irrompe nel tempio dei giudici

Intercettate alcune toghe del Csm nell’ambito dell’indagine sul business dell’eolico in Sardegna. Nella montagna di conversazioni ascoltate riferimenti al sottosegretario Caliendo e al pdl Gargani

Entra nel tempio dei giudici, il Csm, l’inchiesta della procura di Roma sul business dell’eolico. E vi entra dalla porta principale, quella delle intercettazioni telefoniche effettuate sui cellulari dei principali indagati, come Pasquale Lombardi (cofondatore dell’associazione «Diritti e Libertà»), in contatto con alcune toghe del parlamentino dei giudici, tipo Cosimo Ferri, Giuseppe Berruti e altri. Nei loro confronti, va detto, non risulterebbero elementi di reato. Così come nessun ruolo nel presunto comitato d’affari composto dal «magistrato» Lombardi, dal faccendiere Flavio Carboni e dal costruttore Arcangelo Martino, verrebbe ricoperto da quei magistrati d’ogni parte d’Italia che hanno preso parte al convegno sull’attuazione del federalismo fiscale, monitorato a lungo dai carabinieri per conto della procura di Roma, organizzato a settembre all’Hotel Castello del Forte Village in quel di Santa Margherita di Pula.
Sono tanti i nomi che tornano, a vario titolo, nelle intercettazioni dei protagonisti delle indagini presenti al convegno dove, fra i numerosi ospiti, sono intervenuti il procuratore grossetano Francesco Verusio (già a capo dell’Associazione di magistrati cara a Lombardi), il presidente della corte d’Appello di Cagliari, Michele Iacono, il primo presidente della corte di Cassazione, Vincenzo Carbone, ed Ettore Angioni, procuratore generale presso la corte di appello di Cagliari. Riferimenti indiretti tirano in ballo anche Antonio Martone, avvocato generale della Corte di Cassazione, e soprattutto il sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo del Pdl, già compartecipe dell’Associazione di Lombardi, autore delle «conclusioni» a margine della tavola rotonda sul tema dell’«attuazione del federalismo fiscale; regioni e città metropolitane», a cui parteciparono numerosi presidenti di Regione, tra cui Ugo Cappellacci, governatore della Sardegna. Il quale, stando alle risultanze degli inquirenti, si sarebbe incontrato con Flavio Carboni proprio nel corso di quel convegno. E in altre quattro occasioni (due a Roma, due in Sardegna). «A quell’incontro c’erano tantissimi magistrati di prim’ordine - ha confermato Cappellacci -, come posso pensare che sia poco onesto anche solo incontrarlo?». Cappellacci, è utile ricordarlo, intervenne pesantemente sul business dell’eolico. Tagliò una legge in materia di energia pulita, voluta dal predecessore Soru, sulla quale Flavio Carboni, ed alcuni amici imprenditori, avrebbe pensato di mettere le mani.
Nelle more dell’indagine aleggia poi il sospetto che alcuni dei presenti a quel convegno, successivamente, possano aver provato a contattare alcuni magistrati per capire dove andasse a parare un’altra inchiesta sull’eolico, aperta dalla procura di Cagliari e di cui i colleghi di Roma hanno appreso l’esistenza ascoltando le conversazioni intercettate. L’inchiesta sarda è stata aperta dal sostituto procuratore Giangiacomo Pilia a seguito di un esposto anonimo arrivato a novembre concernente l’intenzione, da parte di alcune imprese in odore di piovra camorristica (già coinvolte in inchiesta della Dda di Napoli sulla discarica di Pianura), di allungare i tentacoli sulla centrale eolica che la società napoletana Vento Macchiaveddu voleva realizzare sui terreni del consorzio Casic. I due filoni, quello sardo e quello romano, avrebbero numerosi punti di contatto. Resi più nitidi, stando a quel che raccontano gli inquirenti, dalla documentazione definita «interessantissima» sequestrata nell’abitazione del costruttore Arcangelo Martino. Nella montagna di intercettazioni che coinvolgerebbero i magistrati ve ne sarebbero diverse che tratterebbero della nomina di Alfonso Marra a procuratore capo di Milano, nomina poi ritirata dallo stesso Marra, successivamente nominato presidente della corte d’Appello di Milano dopo un testa a testa con Renato Rordorf. Sul fronte più politico, invece, si fanno insistenti le voci di riferimenti, sempre sul filo del telefono, a un paio di consulenti voluti dal ministro della Giustizia, Angelino Alfano, e a Giuseppe Gargani, già parlamentare del Pdl.

Quanto al coinvolgimento di Denis Verdini, sembra perdere consistenza la pista che aveva portato i carabinieri a perquisire la banca del coordinatore Pdl, ovvero il Credito cooperativo fiorentino, seguendo la pista di assegni sospetti per 800mila euro, versati da due nuovi soci (che la procura di Roma ipotizza essere vicini a Carboni) per un aumento di capitale del Giornale della Toscana, che esce in allegato con questo quotidiano.

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