La denuncia alla procura della Repubblica da parte della Vigilanza della Banca di Italia contro Ettore Gotti Tedeschi, presidente e di Paolo Cipriani, direttore generale dello Ior, la banca del Vaticano, che ha generato un’azione penale a loro carico crea un grosso danno all’immagine finanziaria dell’Italia. Ciò ha luogo in un momento delicato, in cui, le Fondazioni bancarie che controllano Unicredit, la sola banca italiana, di portata internazionale hanno licenziato in tronco l’amministratore delegato Alessandro Profumo. Sembra quasi che gli italiani, siano specializzati a darsi la zappa sui piedi, cercando di farsi male il più possibile. Il Financial Times ha dedicato l’apertura di prima pagina, con titolone alla azione penale per riciclaggio contro Ettore Gotti Tedeschi, presidente dello Ior. E poiché il Vaticano è a Roma e Gotti Tedeschi è un importante finanziere italiano, professore di finanza etica nell’università Cattolica di Milano, in questo modo, si attua un enorme danno all’immagine sia del Vaticano, che dell’Italia.
Il termine riciclaggio evoca il denaro sporco, magari riguardante i proventi della mafia e quelli degli abusi negli affari dell’edilizia e delle opere pubbliche. Nella migliore delle ipotesi evoca l’evasione nei paradisi fiscali. Senonché il reato che viene addebitato a Gotti Tedeschi, mettendo alla gogna lui, il Vaticano e l’Italia, consiste nel fatto che ha trasferito 20 milioni di euro dal conto dello Ior sul Credito artigiano, sede di Milano, a un altro conto bancario dello Ior sulla JP Morgan di Francoforte in Germania (non in un paradiso fiscale) e 3 milioni di euro, sempre dal conto Ior sul Credito Artigiano a un altro conto Ior sulla Banca del Fucino, sede di Roma.
Movimenti bancari interni, che nessuno, tranne una legge stravagante, come quella italiana sul riciclaggio, considererebbe come un reato di riciclaggio. Ma i giustizialisti che hanno e scritto (con un linguaggio pedestre) questa legge considerano come riciclaggio, passibile di sanzione penale, ogni operazione bancaria al di sopra di una certa cifra, per cui non si indica il destinatario e lo scopo. Questa latitudine di definizione del riciclaggio, frutto di manie dirigiste, nuoce al contrasto al riciclaggio vero, riguardante la criminalità, perché intasa gli uffici di procedimenti che con ciò non hanno a che vedere. In questa vicenda ci sono altre due cose assurde. La prima è che lo Stato del Vaticano, in virtù del giustizialismo dirigista di cui sopra, è considerato un paradiso fiscale e valutario, in attesa di prova contraria. Non sta nella «lista bianca», degli Stati in regola con i normali controlli, ma nella grigia, cioè la ex lista nera, costituita dagli Stati che si dovrebbero mettere in regola. Ma ciò solo perché è da poco tempo che ad esso si applicano le regole in questione, a seguito di un trattato fra Vaticano e Unione europea e, quindi, per competenza territoriale, con l’Italia.
A quanto pare, il «periodo transitorio» di adeguamento a tali norme termina il 31 dicembre. In base al principio dirigista che prevale in Italia, in virtù di una interpretazione della costituzione cara ai catto-comunisti, tutto ciò che non è esplicitamente permesso, è vietato. Così lo Ior sta nella lista grigia, in attesa che la nuova regolamentazione che riguarda il Vaticano sia completata. Al contrario, con una concezione rispettosa della libertà, nel periodo transitorio, dovrebbe stare in nella lista bianca. Il secondo fatto assurdo è che l’Autorità di Vigilanza, forse per timore di sanzioni a proprio carico, come quelle che colpirono il governatore di Banca di Italia Antonio Fazio, si è comportata con lo Ior con un gioco a rimpiattino, simile a quelle dei vigili urbani che si nascondono dietro l’angolo, per fare la multa a chi commette una possibile infrazione, anziché darsi da fare per eliminarla.
Si sarebbe dovuto chiedere allo Ior in che cosa consisteva questa sua operazione bancaria, prima di dare il via a un processo penale. Una autorità di vigilanza di buon senso adotta questo metodo e quello della «persuasione morale» per indurre a mettersi in regola.
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