L’inestricabile enigma della schedina contesa E dai conti Tulliani «spariti» 265mila euro

Massimo Malpica

E adesso come la mettiamo col tabaccaio intervistato da Panorama che attribuisce a Lucianone, e quindi non a Elisabetta Tulliani, la paternità della schedina miliardaria del superenalotto numero 0350490 giocata il 2 maggio 1998 nella sua ricevitoria di via Merulana? E con la segretaria di Gaucci che al Giornale riscontra la versione del tabaccaio confermando di essere stata lei, a quel tempo e in quella ricevitoria, l’addetta alle giocate per conto dell’ex presidente del Perugia calcio? Dopo aver preannunciato querele per l’ex fidanzato Gaucci senior, poi per Gaucci junior (Alessandro), quindi per il geometra di fiducia di Big Luciano, Antonio Ammente, e per tutti coloro che hanno solo osato paventare una versione dei fatti diversa dalla sua sulla vincita da 2,2 miliardi di lire, la compagna di Gianfranco Fini denuncerà anche il tabaccaio Francesco Basilico e la segretaria Barbara Delduca?
Probabile, visto che da settimane, attraverso i suoi avvocati, Elisabetta fa sapere di avere prove inconfutabili che dimostrano come a vincere i miliardi sia stata lei e soltanto lei. Nell’attesa proviamo a districarci nell’affaire del Superenalotto incrociando date, carte, testimonianze, indicazioni degli inquirenti alle prese col giallo degli immobili Gaucci-Tulliani-Fini. Partiamo dal tabaccaio. Basilico offre un riscontro diretto anche a quel che il geometra-ombra di Gaucci, Antonio Ammente dichiarava (il Giornale, 25 agosto) a proposito dell’organizzazione che l’ex presidente del Perugia aveva impiantato in azienda nella predisposizione dei sistemi del Superenalotto: «Gaucci era uno che giocava parecchio (...) - racconta Basilico a Panorama - veniva sempre, allora il Superenalotto era solo il sabato, poi hanno messo anche il mercoledì e veniva tutte le settimane». Giocava forte, minimo 12 numeri, massimo 20. «La Tulliani non poteva giocare una schedina di 20 numeri, erano tanti soldi». Alessandro Gaucci non ha dubbi (Giornale, 23 agosto): «I Tulliani erano una famiglia nemmeno benestante, direi normale (...). Lì c’è la certezza che la schedina l’ha vinta mio padre, tanto è vero che quel giorno mi chiamò subito non appena apprese dei due miliardi e mi disse che voleva regalarne una parte, la metà credo, a Elisabetta (...)». A microfoni spenti, con l’intervista ormai in stampa, Alessandro s’è ricordato che i numeri giocati dal papà (6,12,23,28,79, e il jolly 73) non erano numeri a caso: «Il 28 era per il 28 dicembre del ‘38, la sua data di nascita; il jolly 73 si riferiva all’anno della mia data di nascita; il 12 era il mese di nascita di mio fratello Riccardo» e così via. E Lucianone di questa benedetta schedina che dice? Ovviamente giura che l’ha giocata e vinta lui. Nell’atto di citazione della causa civile intentata contro l’ex fidanzata (il Giornale, 1 agosto) si legge: «L’unica ragione che ha spinto il Gaucci a intestare tali proprietà ai Tulliani, pur avendole pagate esclusivamente con proprio denaro proveniente dai redditi delle sue attività, da una vincita all’Enalotto e da un prestito bancario, è stata quella di evitare che tale denaro finisse in mano ai creditori(...). Mai il Gaucci avrebbe immaginato – soprattutto per la grande fiducia riposta in Elisabetta, per il grande amore donatole e gli onori che l’ha coperta – che la Tulliani potesse arrivare a voltare le spalle e negare questa, che è l’unica verità possibile». A seguire su Panorama (7 agosto), su Repubblica (9 agosto), su Libero (13 agosto) su più tv nazionali e infine sul Giornale (22 agosto) Gaucci ha ribadito sempre la stessa versione, imbestialendosi ogni volta di più a proposito della versione fornita da Elisabetta attraverso i suoi avvocati («dice che è stata lei a darmi la metà del denaro, come se io all’epoca avessi avuto bisogno dei suoi soldi»).
Il leit motiv gaucciano, sul Superenalotto, è il seguente: siccome ero innamorato e perso d’amore per lei, le ho regalato metà della vincita della schedina che io, e non lei, avevo compilato, giocato e riscosso sul mio conto al Monte dei Paschi di Siena. Purtroppo per Luciano, però, l’incasso della vincita risulterebbe – a detta dei legali della Tulliani – su un altro conto del Monte dei Paschi di Siena, intestato però all’ex morosa, e di cui parleremo di qui a breve.
Fin qui la campana di Gaucci. Quella di Elisabetta Tulliani suona tutt’altra musica. Gli avvocati Izzo, difensori dell’ex fidanzata, hanno prodotto due pezzi di carta (aspramente contestati dalla difesa di Gaucci) che il 6 agosto portano la stampa vicina a Gianfranco Fini a celebrarli così: «I documenti che gli avvocati Carlo Gugliemo e Adriano Izzo producono a Repubblica sono una prova documentale evidente, a favore di Elisabetta Tulliani». E ancora: «Gaucci ha contribuito a disegnare l’immagine di una Elisabetta Tulliani nullatenente e capace di succhiare i soldi e beni per sé e per la sua famiglia (...). La matrice del Superenalotto ci dice, invece, che dalla primavera del ’98 è una donna ricca. Di suo». I documenti in questione si rifanno alla fotocopia della matrice del biglietto miliardario allegata a una distinta di versamento del 5 maggio 1998 controfirmata Elisabetta Tulliani con la quale si dà mandato alla banca di incassare il valore del titolo per una cifra stimata nella stessa distinta: «Lire 2.200.000.000 circa». Circa? Che vuol dire «circa»? La cifra è quella o non è quella? Perché scrivere «circa» su un documento ufficiale?
Come anticipato dal Giornale qualche perplessità era già sorta in merito ai documenti esibiti da Elisabetta Tulliani che, va detto, fino a prova contraria vanno considerati autentici e sui quali, al pari di tutto il resto, si sta concentrando l’attività degli inquirenti. Nella distinta prodotta ai giornalisti, non compare infatti alcun timbro della banca, ben visibile, «per ricevuta». In più l’importo definito nero su bianco è ben diverso dalla vincita reale comunicata dalla Sisal: 2 miliardi e 200 milioni di lire a fronte di 2 miliardi e 714 milioni di lire. Mancano 514 milioni di lire. Dove diavolo sono finiti? Di errore materiale della Tulliani non è possibile parlare perché, come già evidenziato dal nostro Marcello Zacchè, «dall’estratto conto prodotto dai legali Izzo in data 26 maggio risulta un bonifico in entrata («causale, vincita Superenalotto») di circa 2.204.016.900 lire, e di questi la Tulliani ne avrebbe girato contestualmente 1 miliardo e cento a favore di Gaucci Luciano. Altro dato inusuale, singolare, sotto la lente degli inquirenti, è quello del breve periodo (21 giorni appena) intercorso fra la distinta e il bonifico. Nessun mistero, replicano i legali della compagna di Fini: la banca è quella dove la Tulliani aveva acceso da tempo un conto corrente esclusivamente a lei intestato. «L’importo della vincita viene accreditato il 26 maggio, con valuta 28 maggio. E proprio il 28, Elisabetta esegue un bonifico di 1 miliardo e 100 milioni a favore di Luciano Gaucci. L’operazione fu fatta con l’espresso incarico di provvedere a gestire la somma in proficui investimenti nell’interesse di lei». Ecco perché nelle quotidiane minacce di querele al Giornale gli avvocati di Lady Fini fanno riferimento a «prove incontestabili a favore della Tulliani».
Gli inquirenti, però, vogliono scavare a fondo prima di archiviare la pratica. Il primo passaggio sarà quello auspicato da Gaucci nella sua intervista al Giornale: controllare al centesimo le entrate e le uscite dei conti correnti, di lui, di lei, ed eventualmente di quelli cointestati, immediatamente prima, durante e subito dopo la vincita. Perché, sostiene Gaucci, anche solo per logica è quantomeno più plausibile che un miliardario come lui ceda la metà a una ragazza come Ely, all’epoca non abbiente, piuttosto che il contrario. Solo poi si procederà ad appurare ufficialmente, al di là dei documenti presentati dalla Tulliani, quando e su quale conto la Sisal ha fatto confluire i soldi della schedina miliardaria, che come detto ammontano a due miliardi e sette e non a due miliardi e due come certificato per tabulas dai legali della Tulliani. Quindi si procederà coi testimoni, che raccontano una storia che fa a cazzotti con quella di Elisabetta. E non si tralascerà a priori nemmeno la pista della «falsa giocata», smentita oggi dai testimoni, evocata qua e là per giustificare presunti fondi neri di Luciano Gaucci. Secondo l’avvocato Alessandro Sammarco, legale dell’ex patron del Perugia, nonostante i proclami ad oggi non esiste affatto la «prova inconfutabile» del versamento miliardario sul conto della Tulliani. «Le cifre riportate nella distinta, non timbrata – dice - sono diverse dalla vincita reale, 500 milioni si sono polverizzati strada facendo. E su questa linea di non corrispondenza, dunque, manca la prova certa che l’ente che ha erogato la vincita abbia versato il dovuto direttamente sul conto corrente di Elisabetta. Si ha solo la “prova”, e su questo auspichiamo indagini approfondite della finanza, che lei ha versato una cifra sul conto di Gaucci. Potrebbe dunque essere avvenuto che il versamento originario sia finito nel conto di Gaucci, e da qui al suo. Oppure che Gaucci abbia portato la Tulliani in banca e le abbia aperto un conto a suo nome sul quale, per comodità, far confluire alcune somme.

Ammesso che lei inizialmente abbia avuto tutta la cifra, e poi ne abbia retrocessa metà a Gaucci – conclude Sammarco - poi la signorina non ha provato che quel miliardo e cento che lei dice di aver impiegato per comprare i famosi immobili l’abbia effettivamente investito per acquistare quelle case che Gaucci reclama come sue. Tirassero fuori gli assegni, uno per uno».
gianmarco.chiocci@ilgiornale.it

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