Rodolfo Parietti
da Milano
Lhanno premiato per una tesi elaborata quasi trentanni fa. Tempi lunghi, seppur fisiologici, quelli dellAccademia Reale delle Scienze di Svezia. Ma nel caso del professor Edmund S. Phelps, fresco Nobel per leconomia, il tributo rende onore a idee quanto mai ancora attuali. I suoi studi su inflazione e disoccupazione, infatti, inducono qualche riflessione anche sullefficacia delle politiche monetarie e, in particolare, sulla loro capacità di condizionare i cicli economici.
Phelps ha oggi 73 anni, e nel 1968 contribuì a minare le fondamenta della curva di Phillips, una sorta di sacro totem anche per economisti del calibro di Paul Samuelson e Robert Solow. Lassunto alla base della curva è che a uninflazione elevata corrisponde una disoccupazione modesta. E viceversa. Nella sostanza, se si vuole comprimere linflazione si deve accettare un aumento della disoccupazione. Per Phelps non è così, mancando nel lungo periodo una correlazione tra inflazione e senza lavoro. Secondo le parole dellAccademia reale delle scienze, il professore della Columbia University, ha stabilito «che linflazione non dipende solo dalla disoccupazione, ma anche dalle aspettative delle imprese e dei lavoratori sugli incrementi dei prezzi e delle retribuzioni. Questa idea è stata accettata in tutto il mondo ed è stata una storia di clamoroso successo».
Gli anni 70, caratterizzati, da un fenomeno quasi sconosciuto come la stagflazione (carovita alle stelle nonostante la bassa crescita) mostrarono le smagliature della curva di Phillips e offrirono a Milton Friedman loccasione per ribadire quanto le politiche interventiste dei governi fossero prive di efficacia e si dovesse tornare al libero mercato. E, al tempo stesso, resero giustizia alle intuizioni di Phelps.
In anni più recenti le sue ricerche hanno trovato ulteriori conferme: per esempio, negli anni 80 leconomia europea registrò una forte contrazione senza indizi di decelerazione dellinflazione; in Italia, nel decennio successivo, il processo di disinflazione fu accompagnato da un aumento della disoccupazione; e nel 2000, negli Stati Uniti, il tasso di senza impiego scese al 3,9% (praticamente piena occupazione) senza provocare un surriscaldamento dei prezzi.
Non solo. La teoria più famosa di Phelps è quella legata al cosiddetto «tasso di disoccupazione naturale», generato quando non cè equilibrio di mercato e manca uninformazione perfetta. In questo caso, è la tesi del professore americano, il fenomeno non devessere corretto da interventi, perché aiuta anchesso la crescita economica. Pur discostandosi da Keynes, Phelps non intende lasciare tutto al libero mercato. «Phelps - spiega Luigi Paganetto, preside della Facoltà di Economia e Commercio allUniversità di Roma - vuole che le opportunità vengano date a chi rischia di essere emarginato, favorendo, al tempo stesso, la libera impresa. In pratica, non si tratta di basarsi sul mercato sic et sempliciter, ma di favorire chi vuole avere un ruolo, sia come lavoratore, sia come impresa».
Secondo Phelps, il tasso naturale di disoccupazione non è comunque eliminabile e non può dunque essere governato attraverso gli strumenti della politica monetaria.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.