L’INTELLIGENZA DELL’AUTOCRITICA

C’è un vecchio adagio che dice che solo gli stupidi non cambiano mai idea. Ovviamente, va preso con le giuste proporzioni: altrimenti, chi cambia troppo spesso idea sarebbe automaticamente un genio. Che so io, Clemente Mastella, Lamberto Dini o tutti i personaggi che è possibile incontrare una legislatura in un posto e quella successiva (se non addirittura la stessa) in un altro, potrebbero ambire direttamente alla candidatura al Nobel.
Però, per l’appunto, merita rispetto chi è capace di cambiare idea. Soprattutto, chi impara dai propri errori. Chi, anzichè adontarsi per le critiche, circostanza abituale in politica, ne fa tesoro, circostanza rara in politica. Chi è capace di andare davanti a un pubblico e dire, senza paure, nè tentennamenti: «Scusate, ma in quell’occasione ho sbagliato». É qualcosa che rende più normali, più umani, più veri. É qualcosa di assolutamente positivo.
Ecco, Sandro Biasotti è uno di questi animali, rari. L’ex (e probabilmente futuro) presidente della Regione Liguria ha un grande difetto: il cuore, la pancia. Che, intendiamoci, solitamente, non è un difetto. Ma che, in politica, rischia di esserlo: dire quello che si pensa è un’ottima ricetta; pensare a quello che si dice, è una ricetta forse ancora migliore.
E Biasotti, negli anni, ha fatto due grandi errori: il primo è stato quello di ingaggiare una specie di lotta con Claudio Scajola per il predominio in Liguria. Una cosa assolutamente inutile, soprattutto per un particolare: Scajola e Biasotti non giocavano nello stesso campionato e forse neppure allo stesso sport. Il leader imperiese è il punto di riferimento politico ligure del centrodestra a livello nazionale; l’ex governatore ha firmato la migliore amministrazione degli ultimi anni, dando il sogno di un futuro alla Liguria. Ma, per l’appunto, si tratta di due piani diversi, di due storie diverse. Che, magari, possono intersecarsi, ma poi finisce lì.
Biasotti e Scajola l’hanno compreso, si sono parlati, si sono capiti. E anche l’intervento di Sandro al congresso azzurro di sabato, in cui l’ex presidente della Regione ha ammesso di aver sbagliato nella ricerca dello scontro frontale, non è stato certo un autodafè o una sottomissione medievale al presidente del Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti. Ma, molto più semplicemente, il ragionamento lucido e intelligente di un uomo che trae la forza per crescere dai suoi errori. Un gesto da vero cavallo di razza.
Idem per l’autocritica di Biasotti sull’attacco frontale, inutile e brutto, a Claudio Burlando su questioni automobilistiche e personali.

Noi, che gliel’abbiamo rimproverato dal primo giorno, crediamo che l’ex governatore con i suoi «ho sbagliato» sia ulteriormente cresciuto. Si sia dimostrato, una volta di più, pronto a tornare a De Ferrari.
Un Biasotti forse meno biasottiano, ma sicuramente più maturo e intelligente. Chapeau.

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