L’interminabile «fase due» del centrosinistra al potere

Siamo avvisati: se il centro-sinistra ha bisogno di una «fase due» dopo appena sei mesi di governo, alla fine della legislatura saremo matematicamente approdati alla «fase dieci». Non è ancora chiaro se la prospettiva decimale s’avvererà con o senza il Partito democratico nel frattempo in piedi. Ma l’agenda delle questioni politiche già annunciate lascia presagire che, di fase in fase, la priorità sarà accordata ai temi cari al radicalismo. Per gennaio la maggioranza già prevede, secondo quanto ha dichiarato, di porre mano alla legge sull’immigrazione. E poi di modificare la legge sulla cittadinanza. E infine di elaborare una legge sulle unioni di fatto. Con quali idee «condivise» e soprattutto con quanta forza parlamentare non è dato da sapere. Ma è significativo che tutti i temi indicati per la fase due soprannominata «Topolino» da Francesco Rutelli - e non gradita dal serioso Romano Prodi, che la vede come fumo negli occhi per il suo governare -, siano particolarmente richiesti dalle componenti progressiste nella coalizione. Tanto che, al solo accenno al dovere d’una riforma previdenziale fatto dalla Margherita, gli alleati più a sinistra hanno subito risposto: non fa parte del programma dell’Unione che fu sottoposto agli elettori. Come dire, se ne parli, prevedibilmente, nella «fase undici» (che s’aprirà proprio nel 2011).
E tuttavia, può essere molto insidioso questo rifugiarsi tra le parole del programma ulivista per impedire qualunque iniziativa di pur timido riformismo. Nel verboso «Per il bene dell’Italia» che fa da testo e da tetto al centro-sinistra, i patti di solidarietà fra conviventi non sposati non sono stati neppure chiamati per il nome, appunto, di «Pacs» con cui sono diventati noti al mondo dopo la loro ideazione in Francia. E alle definite «unioni civili» si è prospettato un riconoscimento giuridico non in quanto tali, bensì facendo riferimento alle «persone che fanno parte delle unioni di fatto». Sarebbe come se la Repubblica avesse riconosciuto non già «i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio» (articolo 29 della Costituzione), ma le prerogative «delle persone che fanno parte della famiglia».
D’altronde, il pasticcio linguistico combinato dal centro-sinistra sulle coppie di fatto, rispecchia il dissenso politico al suo interno su come affrontare l’argomento. E allora avremo due paradossi in piena «fase due»: che la maggioranza dovrà dare rilievo innanzitutto alle questioni che più solleticano e sollecitano le sinistre. Ma che, dovendosi attenere al programma con scrupolo per evitare fratture, essa non potrà far prevalere una logica totalmente «di sinistra». Dovrà, dunque, parlare dei Pacs senza neanche poterli chiamare Pacs. Dovrà parlare dei Cpt - Centri di permanenza temporanea - senza poterli chiudere, come vorrebbe l’ala comunista. Dovrà parlare di nuova cittadinanza per le persone immigrate, senza poterla alla fine dimezzare da 10 a 5 anni come periodo di residenza per acquisirla: e la marcia indietro è degli stessi proponenti, i quali hanno già messo le mani in avanti, spiegando che non sarà un dramma l’eventualità di alzare il requisito a 7 anni dai 5 originari e «radicali» ipotizzati nel testo...
Contrariamente alle apparenze, dunque, avremo molta carne al fuoco ma poca sostanza nell’invocata «fase due» del governo. Certo, assisteremo anche a opportune discussioni in nome di principi - dall’eutanasia al referendum elettorale: temi bipolari e trasversali - ma non vedremo grandi né pragmatiche decisioni della maggioranza per rilanciare l’economia. Dopo la tanto contestata Finanziaria, il governo preferirà senz’altro «parlare d’altro». Magari di Topolino.
f.

guiglia@tiscali.it

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