L’INTERVENTO

Gli italo-americani negli Stati Uniti sono all’incirca 25 milioni, ma probabilmente rappresentano per noi anche qualcosa di più di quello che dicono le cifre. E non solo perché al gala annuale del Niaf, l’associazione che li raccoglie tutti, ci fossero politici di primissimo piano come Rudolph Giuliani, Nancy Pelosi e la governatrice dell’Arizona Janet Napolitano o ancora miti del cinema come Martin Scorsese e giudici della Corte Suprema come Antonino Scalia.
A chi capita, come è capitato a me, di essere invitato a partecipare a questa affollatissima saga dell’orgoglio italo-americano succede, credo inevitabilmente, un fatto singolare. Tocchi con mano quell’impasto originale, vitale e prorompente di tradizioni, memorie e sguardo al futuro che è l’anima di questo Paese e al tempo stesso ti trovi trascinato a ripercorrere quasi tuo malgrado il cammino di ieri e di oggi anche del tuo Paese. E così il riconoscimento che il Niaf ha voluto assegnarmi più che un premio personale per l’impegno contro la discriminazione delle donne musulmane, diventa un attestato che ha un significato forse più ampio e importante. Il riconoscimento di una storia comune che ha le stesse radici e condivide le stesse battaglie e ideali.
Mentre ero a Washington, rinnegando accordi già presi, l’Olanda decideva di ritirare la scorta di protezione concessa ad Ayaan Hirsi Ali, la donna che con i suoi scritti e la sua vita è diventata nel mondo il simbolo delle lotte di libertà e democrazia di tutte le donne dell’islam. Nessuno come Hirsi Ali ha ricevuto tante minacce e promesse di morte da parte del fondamentalismo islamico: mi è sembrato un gesto doveroso dedicare a lei il premio del Niaf. Negli incontri che ho avuto con Giuliani, con Nancy Pelosi e alcuni rappresentanti del Congresso non c’è chi non abbia mostrato di comprendere e apprezzare le ragioni di questa scelta. «Tocca a voi adesso fare la vostra parte», mi ha detto con franchezza uno di loro, ricordando come Hirsi Ali sia stata deputato al Parlamento olandese e abbia trascorso in Europa gran parte della sua esistenza prima di trasferirsi negli Stati Uniti. Salman Rushdie, un altro scrittore che conosce bene le minacce del fanatismo islamico, ha ribadito in questi giorni, parlando dell’odissea di Hirsi Ali, che «la tolleranza dell’intolleranza è puramente e semplicemente un atto di viltà».
Non credo ci sia bisogno di aggiungere altro a questi richiami al nostro senso di responsabilità e di coscienza democratica. Alle parole occorre solo far seguire decisioni concrete. Al mio rientro in Italia chiederò a Franco Frattini, vice presidente della Commissione Europea con delega sulle questioni di sicurezza e giustizia, di portare, prima possibile, il caso di Hirsi Ali in Commissione.

Perché sia l’Europa unita ad assumersi l’onore, prima ancora che l’onere, della sua protezione. Se i valori scritti nella Costituzione europea hanno un significato, non c’è terreno migliore di questo per vederli applicati.

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