L’intervento in Liguria non si fa ma nessun medico lo ammette

L’intervento in Liguria non si fa ma nessun medico lo ammette

L’intervento in Italia non si fa. Ma nessun medico è disposto ad ammetterlo. Né, ancor più, a metterlo nero su bianco per consentire al papà di Greta, bimba di 12 anni affetta da una grave malattia, di avere un rimborso di 15mila euro da parte della sanità italiana per l’intervento che la piccola ha dovuto subire in un ospedale spagnolo. Un intervento salvavita al quale la figlia di Daniele De Lucia è stata sottoposta nei primi mesi di quest’anno. «Quando nacque, a mia figlia fu diagnosticato un neuroblastoma, il tumore maligno che è più diffuso nei bambini - spiega Daniele De Lucia - fu operata al Gaslini e da allora non ebbe più grossi problemi. Poi, circa sei mesi fa, la bambina cominciò a star male, ad avere svenimenti, febbre e siccome abitiamo a Savona la ricoverammo al San Paolo». Qui, dopo una serie di accertamenti, i medici formularono la diagnosi di «sospetta sindrome di Arnold Chiari» e consigliarono il trasferimento della bambina al Gaslini di Genova. In seguito a varie ricerche, i genitori della piccola trovarono l’indirizzo di una clinica di Barcellona, diretta da Miguel Royo. «La cosa ci entusiasmò visto che la clinica è specializzata nella sindrome di Arnold Chiari - continua il papà di Greta - e ancora di più perché la tecnica di Royo consiste nell’operare a livello del cocige e non direttamente alla testa». Va precisato che la sindrome di Arnold Chiari è un insieme di segni e sintomi associato a una rara malformazione della fossa cranica posteriore che normalmente contiene il tronco encefalico e il cervelletto. Se questa è poco sviluppata, le strutture encefaliche escono dalla loro sede naturale ed entrano nel canale spinale.


«L’intervento che ci avevano proposto in Liguria era a livello della testa e dunque il rischio era più alto, così la bambina è stata operata a Barcellona - continua De Lucia - Ora sta benissimo, come gli altri pazienti operati da Roya e con i quali siamo in contatto tramite l’associazione di malati a cui facciamo capo. Ma né a Genova né a Savona abbiamo trovato medici che ci hanno firmato l’autorizzazione per il rimborso. Siamo dovuti andare a Firenze, solo qui abbiamo trovato un medico che l’ha firmata».

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