L’INTERVISTA 4 PAUL HEMBERY (Capo Pirelli F1)

Paul Hembery è il capo di Pirelli Motorsport, è - come dire - il papà delle gomme che, assieme a kers e ali mobili, hanno rivoluzionato lo show delle corse. Una rivoluzione che non piace ai puristi del sorpasso raro, sudato, pensato e rischiato, ma che entusiasma i giovani e «chi prima diceva guardo la partenza e poi spengo la tv» sorride Hembery.
Però l’accusano di aver ubbidito ai voleri di Ecclestone, più show a tutti i costi.
«Sbagliato. Bernie ci aveva solo chiesto qualcosa d’interessante. Sono stati i team a volere più show. Perché avevano bisogno che più gente guardasse le gare in tv, perché solo così avrebbero accontentato gli sponsor e trovato nuovi investitori... Lo sa che i grandi network televisivi mi hanno detto che l’audience adesso non cala più fra partenza e arrivo, bensì tiene?»
Alcuni team vi hanno criticato: troppi pit, troppa differenza fra dure e morbide.
«No. Non sono state le squadre, sono stati i piloti. È molto diverso. I piloti sono emotivi, sotto pressione, appena scendono ci siete voi giornalisti. Per chi vince o è davanti è tutto ok, ma per chi è dietro è normale giustificare una prestazione parlando anche di gomme e non solo. A Barcellona Hamilton venerdì era furioso, poi domenica ha concluso la gara incollato a Vettel ed era di tutt’altro avviso».
A Montecarlo è andata molto bene, grande show, ma a Barcellona 2 secondi di differenza sul giro fra le due mescole, erano troppi. La Ferrari era andata bene in qualifica, poi con le dure aveva preso un’eternità.
«Tutti partono dalle stesse basi, stesse gomme, stesse opportunità, quindi se uno è dietro è dietro. Cioè non è colpa delle gomme... Lo so che in Italia c’è tanta curiosità sulla Ferrari, ma vale per tutti. Però è vero che a Barcellona due secondi erano troppi. Stiamo lavorando anche su questo, vogliamo imparare. Ma dalle squadre accettiamo suggerimenti, non critiche. Per noi fornitore unico sarebbe un errore stare ad ascoltare troppo uno o due team. Dobbiamo trovare sempre il bilanciamento giusto per tutti e dodici».
Visto il festival di pit stop, viste le gomme che durano poco per esaltare le strategie, un vostro concorrente ha fatto spot dove enfatizza la durata delle sue gomme.
«È lo stesso competitor che adesso, in un altro campionato, cerca di imitarci perché ha visto che finalmente nel motorsport si parla di gomme quando prima se ne parlava solo per le cose negative... tipo a Indianapolis, quando esagerò nel cercare prestazioni (i team Michelin non corserò perché le gomme non erano sicure su quella pista ndr)».
Ma ora chi va a comprare gomme potrebbe dire «no, queste no, durano poco».
«È vero, ma non accade. Ragioniamo un attimo: le nostre gomme F1 durano 100 km, un intero Gp è di 300 km.

Crede che per l’acquirente farebbe differenza? Sa bene che le gomme da strada sono fatte per durare decine di migliaia di km. Ciò che conta per noi è che adesso le gomme nei Gp sono diventate un elemento strategico. E se ne parla. E lo show attira i giovani e i giovani sono il nostro futuro. Anche commerciale».

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