L’INTERVISTA 4FRANCA VALERI

«Uffa, che barba! Possibile mi si chieda sempre “Cosa si prova a novant’anni suonati, cara signora?”. Ed io che, anche se nessuno mi crede, sono la gentilezza in persona rispondo sempre io non provo nulla, sono un animale asettico. Lo chieda al mio cane, lui sì sa tutto di me dato che viviamo in simbiosi perfetta».
Franca Valeri non ne può più di brindisi e baci, di feste e festeggiamenti, di auguri e scongiuri?
«Tanto più adesso» - spiega con la sua inconfondibile voce fatta di rose di maggio e di spine paurose come la definì Jean Cocteau.
Come mai se la prende proprio con questo periodo che vede la sua beatificazione, per un mese intero, al Valle di Roma?
«Ma caro mio, sa che è una bella noia essere celebrati in vita»?.
Sarà una noia, ma è anche una bella soddisfazione, signora Valeri. Non capita a tutti che un teatro...
«Su, dica pure. Che un teatro, coi tempi che corrono, mi metta in scena una nuova commedia, accetti la ripresa di un mio vecchio successo intitolato La vedova Socrate e dedichi addirittura una serata d’onore al rapporto che una povera vecchia come me intrattiene con l’opera lirica. Sì, certo, non capita a tutti di visitar da vivi il proprio museo!».
Abbasso il museo allora, e parliamo delle novità. Cosa accade in Non tutto è risolto, la sua pièce nuova di zecca?
«Ah, questo non glielo dico nemmeno se si mette in ginocchio. Perché se lo viene a sapere dalla mia viva voce...».
Cosa avverrà mai?
«Non verrà più a vedermi a teatro, non lo neghi, non lo neghi!»
Lo nego con forza, invece. Mi lasci almeno appurare se stavolta, in scena, sarà un carnefice o una vittima.
«Quando mai in passato ho fatto la parte del boia?».
Se non ricordo male, in Tosca e altre due Franca Valeri era la moglie del carceriere di Castel Sant’Angelo.
«E con questo? Era lui ad accanirsi su colpevoli ed innocenti. Io ero solo la portinaia di Palazzo Farnese».
Perdoni l’errore.
«È ciò che succede quando ci si confronta con Michelangelo, Borges o Pablo Casals».
I quali tuttavia, ad eccezione di Casals che arrivò a ben novantasette anni, morirono prima.
«Stavolta ha ragione! Gli altri due doppiarono al massimo un traguardo di ottantasette, ottantanove anni. Poverini, chissà che delusione!».
È o non è una battuta di Oddio mamma, la commedia di Bobrick e Stein che pochi mesi fa ha portato in giro per l’Italia?
«Forse che sì forse che no. In fondo, sulla scena, si resta sempre fedele a se stessi».
Dove la porta adesso questa fedeltà?
«A ritrovare il mio posto nel mondo dell’opera.

Che da troppo tempo frequento solo come spettatrice. Da me, che ho visto Il trovatore a tre anni, mi aspetto grandi cose».
Quali per esempio?
«Magari riscrivere l’Aida con Amneris pentita che si reca in Etiopia ad espiare. Mi creda, sarei divina».

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