L’INTERVISTA CLAUDIO DE ALBERTIS

«Sfruttare l'Expo per cementificare Milano? Magari...». Comincia con una battuta Claudio De Albertis, cinquattottenne presidente di Assimpredil Ance (Associazione imprese edili e complementari delle province di Milano, Lodi, Monza e Brianza). In realtà l'ironia nasconde una discreta preoccupazione.
«Le previsioni del mercato non sono ottimistiche, quindi non c'è Expo che tenga da questo punto di vista. Oggi la situazione è questa: capacità di spesa sul versante delle opere pubbliche in arretramento, mancano gli investimenti e i tempi di finanziamento, progettazione, indizione della gara e individuazione dell'appaltatore sono estenuanti. Mediamente in Italia per dare il via a un'opera di 50 milioni di euro ci vogliono 4 anni e mezzo».
Perché?
«Scarso consenso al progetto, problemi di natura ambientale... Dia, Vas e quant'altro, controversie fra le amministrazioni, contenziosi durante la gara, ricorsi ai Tar, sospensive. A ciò aggiunga che anche la capacità di spesa delle amministrazioni locali è ridotta perché ci sono i limiti imposti dal Tesoro e dagli obiettivi che si è data la Comunità europea, tanto è vero che una delle questioni che il ministro Tremonti ha proposto di portar fuori dal patto di stabilità gli investimenti sulle infrastrutture perché rappresentano una ricchezza patrimoniale del Paese».
Ci dia qualche buona notizia sul settore privato.
«Il mercato delle opere private segna un forte rallentamento. Perciò sull'Expo si stanno costruendo castelli in aria, speranze di tutte le imprese italiane ma, secondo me, sono un po' velleitarie se non arriva un'accelerazione della capacità di spesa. Per ora non vedo segnali molto chiari e questo pesa anche perché, come diciamo noi da sempre, il 2015 non è un arrivo, è una tappa. Oggi la competizioni fra territori è talmente vasta che uno si deve dare obiettivi a lungo termine. Londra si è fatta un programma al 2030 e le Olimpiadi del 2012 sono una tappa intermedia; Milano dovrebbe darsi anche lei un programma strategico al 2030 e avere come tappa intermedia il 2015. Così si fanno strategie. Questo vuol dire evidentemente una leadership molto forte. E quando parliamo di Milano, parliamo di un'area che raggruppa più o meno 6-7 milioni di abitanti perché per competere le aree territoriali devono avere una certa densità, molti centri, non solo il centro di Milano (penso a Piacenza, Brescia, Cremona) e i collegamenti fra loro e con il resto del mondo».
Vogliamo parlare di Malpensa e Linate?
«Servirebbero politiche lungimiranti. Malpensa, sperando che torni a funzionare a pieno regime, dovrebbe essere collegata a Milano, ma anche a Varese, con un treno che parte ogni 15 minuti e che impiega non più di 15 minuti per arrivare. Probabilmente l'accordo fatto con le Nord invece che con le Ferrovie dello Stato, non è stato un colpo di genio. E i collegamenti ferroviari? Abbiamo bisogno del Corridoio 5 e della Genova-Rotterdam. I problemi delle infrastrutture sono da affrontare con strategie lungimiranti. Per esempio la tangenziale di Milano... oggi ha una velocità di crociera di 33 km all'ora, tra 8 anni sarà di 25, è assolutamente satura, qualche cosa bisogna fare. Poi c'è il passante che è monco, poi...».
Vista la situazione come la mettiamo con l'Expo, che è un'occasione unica per Milano. Già si sono persi sette mesi solo per una questione di nomine e di poltrone. Come si fa se ci vogliono 4 anni e mezzo per avviare un lavoro? L'esposizione è fra sette anni. E allora?
«L'Expo è una scintilla su cui fare decollare l'area della Grande Milano. Ci sono tre temi: governance, risorse, procedure. La governance non spetta a noi, possiamo solo augurarci che venga al più presto definita. I quattrini: ci auguravamo che nella Finanziaria venissero specificate le poste e i tempi. Per esempio la sede dell'Expo costerà circa 4 miliardi - vado a spanne -, uno sarà messo dai privati. Vorremmo capire se ci sono le convenienze... tra le varie voci ci sono ad esempio circa 36mila posti macchina - 40-50 milioni in project financing - ho qualche dubbio; questi posti auto saranno occupati nei sei mesi dell'Expo. E dopo? È solo un esempio ma queste cose dovrebbero chiarirle le amministrazioni pubbliche».
Arriviamo al terzo punto: le procedure e le lungaggini burocratiche.
«Abbiamo detto alle istituzioni: visti i tempi della burocrazia, se vogliamo arrivare per tempo e non perdere la faccia, abbiamo bisogno di modificare alcune norme. Non abbiamo visto proposte alternative né ci è stato chiesto di discuterne. Siamo fuori tempo massimo: o c'è una legge di accompagnamento alla finanziaria che contiene queste accelerazioni o non arriveremo mai alla fine. Mi preoccupa molto più questa componente, che tutto il resto. Se noi non togliamo la possibilità a eventuali imprese ricorrenti di chiedere la sospensiva al Tar lasciandogli, nel caso il suo appello sia dichiarato corretto, il rimborso del mancato utile, i tempi degli appalti diventano mostruosi. Finora mi sembra che nessuno ci abbia messo la testa. È la priorità assoluta».
A luglio, ad un vostro convegno, la Moratti aveva detto: «Ora tocca a voi essere all'altezza». Mi pare, invece, che debbano essere i politici a dimostrare di essere all'altezza.
«Sì, soprattutto sotto questo aspetto. L'appello del sindaco ha comunque qualche motivazione, perché le imprese, se vogliono guadagnarsi spazi, devono essere più brave delle altre; non devono essere privilegiate solo per il fatto di essere locali. Io mi auguro che la ricaduta sia sul tessuto delle imprese locali perché così i benefici resterebbero qui anche dopo l'Expo. Oggi le eccellenze sono ancora poche. Quindi il richiamo della Moratti aveva un senso. Le imprese si devono adeguare, perciò mi auguro che molte delle gare vengano fatte con il sistema del cosiddetto appalto integrato, cioè l'impresa deve metterci del suo non solo nella fase esecutiva ma anche nella fase di progettazione. Deve essere un vero coordinatore di architetti e di ingegneri, utilizzando la grande capacità delle aziende produttrici di materiali».
Quale sarà il ruolo del Comune in tutto ciò?
«Dovrà chiedere precise garanzie alle imprese sul rispetto di costi, tempi e risultato. E deve chiedere garanzie sulla legalità».
A proposito di legalità: due temi. Sicurezza nei cantieri e infiltrazioni mafiose.
«Problemi fondamentali perché minano alla base la concorrenza fra le imprese. Sulla sicurezza bisogna fare scuola a manager e operai; una settimana fa abbiamo sottoscritto coi sindacati un accordo che agisce sui controlli e che è davvero all'avanguardia».
E le infiltrazioni mafiose?
«Qui devono essere prefetture e organi di polizia a darci una mano. In due modi: o consegnandoci elenchi di imprese in odore di mafia o fare in modo che, nelle gare, si considerino elementi premianti il rispetto della sicurezza nei cantieri, il rispetto dei problemi ambientali, l'eticità in sede di gara».
Un'ultima domanda. Grandi artisti, grandi architetti, grandi innovatori o no?
«Ho l'impressione che finora ci sia stata poca voglia di lasciare il segno della contemporaneità. Adesso bisogna conservare tutto, ad ogni costo, anche cose che non lo meritano affatto. Poi è chiaro che ogni opera nuova porta discussioni, successe anche per la Torre Velasca. Per l'Expo vorrei opere moderne ma che si fondono nella nostra cultura.

Le archistar, anche quelle straniere, ben vengano purché siano utilizzate per le loro capacità e non solo per dire quell'edificio è stato costruito da Libeskind o Isozaki o Piano. Milano non deve avere paura, deve lanciarsi. Il nuovo dà stimoli per andare avanti. E mi auguro che l'Expo ci consegni una Milano molto viva, moderna e accogliente».
Purché si cominci.

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