Il sottosegretario alla Salute Francesca Martini è una grande sostenitrice della pet therapy nonché una vera e propria paladina dei diritti degli animali, dei cavalli in particolare, e chiunque ne abbia accarezzato uno non può che darle ragione. Due settimane fa, alla 111ª Fieracavalli a Verona, dove l'abbiamo incontrata, ha presentato il primo Codice per la tutela e la corretta gestione del cavallo insieme a un progetto didattico del Ministero volto a promuovere fin dalla più tenera età un corretto approccio uomo-animale. Tra un appuntamento ufficiale e l'altro il Sottosegretario ha raccolto molti consensi sia tra gli addetti ai lavori che tra il pubblico presente.
Sottosegretario, qual è la situazione della pet therapy in Italia?
«La cosa veramente importante da dire, al di là delle esperienze che a vario titolo vengono portate avanti nel nostro Paese, è che oggi stiamo lavorando non soltanto per trovare una collocazione della pet therapy in quelli che sono i livelli essenziali di assistenza, ma anche per fare ricerca attraverso di essa, sperimentare e infine standardizzare i risultati in modo da avvicinarci ai maggiori esempi europei in questo campo, come il Kennel Club in Inghilterra».
Concretamente...
«Ho istituito a Montecchio Precalcino, a Vicenza, il primo centro di referenza nazionale in tema di terapia assistita con gli animali. Si tratta di un Centro all'avanguardia nella pet therapy, non soltanto per i servizi offerti ma, appunto, anche per la ricerca scientifica che vi si svolge. A settembre, inoltre, è stato organizzato ad Assisi un convegno sulla riabilitazione equestre».
Ma com'è nata questa sua passione?
«Vent'anni fa in un centro di ippoterapia a Verona ho visto con i miei occhi l'incredibile benessere che dava l'entrare in contatto con un cavallo a persone portatrici di handicap fisico o psichico. Da allora mi occupo, tra le altre cose, di riabilitazione, che considero un settore fondamentale per il recupero, o il miglioramento laddove il pieno recupero non è possibile, dell'equilibrio psico-fisico delle persone affette da varie patologie in un contesto al di fuori delle strutture sanitarie in senso stretto».
Un tentativo di evitare la famigerata medicalizzazione totale del paziente...
«Infatti. La pet therapy, quella che si svolge con i piccoli animali domestici, è un momento ludico. Il malato deve viverla così, poiché solo l'esperienza ludica, abbiamo visto, dà notevoli risultati in un processo riabilitativo. Si guarisce attraverso la relazione diretta con l'animale. Se un bambino non cammina, il cane gioca con lui, e rimette così in circolo certe energie che altre cure non riuscirebbero nemmeno a portare alla luce».
Un po' diverso il caso dell'ippoterapia.
«Se col cane si gioca vis à vis, la terapia è un'esperienza affettiva, di grande condivisione fisica e di forte empatia, mentre col cavallo accade invece una cosa un po' diversa. Nel momento in cui comprendi come il cavallo può percepire ogni tuo più piccolo movimento impari a costruire con lui un rapporto unico, forse meno giocoso ma più ideale, più incentrato sulla percezione che hai di te sopra il cavallo. È la relazione che cura. Si viene letteralmente curati attraverso questa relazione, che poi è anche un potente contatto con la natura».
Da quali animali si fa regalare gioia Francesca Martini?
«Ho un cane. È un meticcio, un trovatello di nome Tommaso. Con lui fino a poco tempo fa c'era Margot, una barboncina, purtroppo è morta. Poi, naturalmente, c'è la mia grande passione per il cavallo».
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