L’INTERVISTA GIANNI BUGNO

Gianni Bugno, ex campione del ciclismo, con mondiali e Giri d’Italia in bacheca, oggi fa l’elicotterista e per quasi dieci anni ha lavorato per il 118. Quindi sa bene cosa significhi correre in soccorso di qualcuno.
Si è mai trovato in situazioni critiche come questa?
«Certo che sì, ma è difficile per me poter dire cosa sia successo, perché bisognerebbe conoscere tutti i tasselli del puzzle. Che tipo di elicottero era, a che ora si sono levati in cielo, quali erano le condizioni meteo al momento del decollo e così via».
Eppure anche lei ha volato in condizioni limite.
«Certo che sì, ma questo vuole dire poco: nella vita occorre avere anche un pizzico di fortuna o, come dico spesso, non averla contro».
E parti a bordo?
«Anche a me è capitato di andare a prendere delle mamme in attesa e in un paio di occasioni hanno partorito in elicottero».
Però qui la cosa che colpisce è il silenzio: nessuna comunicazione, nessun grido di allarme. Niente di niente.
«Capita. Se ci sono ostacoli, la linea può essere coperta.

Non è detto che il pilota non abbia tentato di mandare qualche segnale, ma se c’è una montagna, e quella zona la conosco bene è molto rocciosa, la linea può venir meno, soprattutto se è in atto c’è un temporale. Cosa può essere accaduto? La cosa più banale: tutto accade in un attimo. Visibilità quasi nulla, difficoltà di controllo e le montagne sempre in agguato. Basta davvero un niente».

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