L’INTERVISTA GIORGIO DELL’ARTI

Il suo personale Wikipedia si chiama Catalogo dei viventi (Marsilio, 2009) e dentro ci sono 7.247 voci di uomini e donne meritevoli di menzione schedati e raccontati per filo e per segno da un collezionista di informazioni tipo enciclopedista francese di metà ’700. Una mania nata quasi 20 anni fa e diventata, per Giorgio Dell’Arti, un mestiere prima ancora che un libro (un cult nelle redazioni e un must per illustri contemporanei o aspiranti tali). La differenza tra un’enciclopedia orizzontale ma strafalciona come Wikipedia e un indice rigoroso come quello prodotto dalla ditta Dell’Arti è tutta lì, nell’immenso archivio cartaceo (curato dallo stesso Dell’Arti e dalla sua redazione) che si ingrossa ogni giorno e da cui l’autore - insieme a Massimo Parrini - pesca per scrivere le mini-biografie degli illustri in vita. Con mille verifiche e controlli, perché «i viventi sono come anguille, sono sfuggenti, cambiano a ogni ora e quindi l’errore è sempre in agguato».
Giusto allora che Wikipedia diventi un po’ meno democratico ma un po’ più accurato.
«Giusto, certo, è giusto che controllino meglio o che chiamino degli specialisti per farlo. Fanno bene se devi governare un grande materiale, e ripeto soprattutto su persone viventi».
Lei consulta Wikipedia?
«Mah, per lavoro poco, devo dire. Sui personaggi poi niente perché, soprattutto sugli italiani, è poverissimo rispetto alle informazioni che abbiamo noi».
La sua voce l’ha vista?
«Mah, sì me l’hanno letta».
Tutto a posto?
«Sì, anche se è molto incompleta. Pazienza».
Le è capitato di trovare castronerie sui personaggi italiani in Wikipedia?
«Sì molto spesso. L’ultima volta ho letto che Fratelli d’Italia viene descritto come un inno che era provvisorio ma che una legge ha reso definitivo. Invece non è vero, è ancora provvisorio, hanno confuso una proposta di legge con una legge».
Errori che capitano, con le enciclopedia spontanee.
«E ne ho trovati molti altri. Comunque Wikipedia resta una grande cosa, questo va detto, una grande ricchezza».
Ma...
«Ma rimangono le imprecisioni e soprattutto la difficoltà di correggerle. So, perché me lo raccontano, che la procedura di correzione degli errori è abbastanza difficoltosa per l’interessato».
Però anche a voi capiterà di fare errori nelle biografie dei viventi...
«Sì, ma se noi scriviamo una fesseria, e può capitare su 7.247 voci, la correggiamo subito».
L’errore che le è più dispiaciuto?
«Quello su Bruno Vespa. Abbiamo scritto che la mamma faceva la cameriera. Lui mi ha scritto una lettera molto garbata spiegandomi che era sbagliato. Nella prossima edizione non ci sarà, come non ci sarà qualche altra imprecisione, tipo il mese di nascita di Denis Verdini o qualche assenza che invece va colmata, vedi Pierre Cardin».
Ma le capita che qualche vivente assente dal Catalogo la chiami per farsi inserire?
«Uhhh, hai voglia! Ho ricevuto un sacco di inviti a cena da assenti... ».
Ma che razza di archivio ha?
«È un database che mi sono fatto fare apposta. Raccogliamo ogni giorno, io e il mio gruppetto, gli articoli di giornale che ci interessano. Io leggo moltissimo. Poi quando faccio le voci incrocio molti articoli e se ho dei dubbi chiamo il diretto interessato, per verificare. Ovviamente non tutti e 7.247».
Ma com’è nata questa passione enciclopedica?
«Nel 1992, quando sono andato via da Repubblica.

All’inizio scrivevo su word degli abstract sulle cose che leggevo e mi piacevano. Poi la cosa è andata avanti, mi ha preso il furore e mi sono fatto costruire il database, che chiamo “L’archivio dei frammenti”. È così che sono finito a fare l’infelice mestiere del tuttologo».

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