L’INTERVISTA IL PADOVANO

Nato a Montagnana, vicino a Padova, Ferdinando Camon ha scritto tra l’altro Tenebre su tenebre, La malattia chiamata uomo, La vita eterna e Il canto delle balene. Libri di un certo umanesimo. E quando parla del carnevale, infatti, lo fa con il tono di chi guarda innanzitutto all’anima dell’uomo e della città. «E l’anima di Padova è affarista. E io sono d’accordo con Galan. Per un paio di anni La stampa mi mandò a seguire il carnevale di Venezia e tornavo sempre così triste... Guardavo quelle poche maschere mortuarie in mezzo alla folla e percepivo che non c’era gioia, non c’era allegria. D’altra parte il carnevale a Venezia, storicamente, ha a che fare con la morte».
Cosa a Padova può essere diverso?
«Padova, città romana, è molto, molto più vitale, anche se ha un cuore malato. Piazza delle Erbe e Piazza della Frutta sono infestate da spacciatori. Dalla finestra che il municipio mette a disposizione dei turisti, vicino al Pedrocchi da dove partirà il carnevale, tutto ciò si vede».
In questo, il carnevale che ruolo ha?
«È una grande chance. Padova è la vera capitale del Veneto. C’è più denaro, l’economia è più attiva, gli industriali anche. Ha una tradizione gastronomica molto forte, molti ristoranti sono segnalati tra i migliori d’Italia».
Ma anche Venezia...


«Venezia difatto è una città straniera al Veneto, sta sul mare. A Padova, oltretutto, il carnevale può spegnere la microcriminalità, che è figlia del risparmio, delle strade buie. Il carnevale illumina e richiama gente che vuol divertirsi. Ben venga».

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