Responsabile dell'ufficio milanese della casa di produzione per programmi televisivi «Wilder», Carlotta Rossi Spencer è una mamma e un'imprenditrice a tutto tondo. E riesce a gestire alla perfezione il suo lavoro e le sue due bimbe.
Porterebbe le sue figlie in ufficio?
«L'ho fatto con Francesca, la più piccola, che ora ha 18 mesi. Quando aveva sei mesi e io lavoravo in Ferrarelle, l'ho pure fatta dormire in ufficio, però non l'ho mai allattata».
Ma lavorare con un bebè non distrae?
«Dipende dal bambino. Il genitore deve avere buon senso, sapere com'è suo figlio, ma questo vale anche per il ristorante, la chiesa, i grandi magazzini. Per tutti i luoghi affollati, insomma, dove il bimbo si innervosisce, fa innervosire te e gli altri. La piccola era molto buona, con l'altra mia figlia, Ginevra, che ha 5 anni, non l'avrei mai fatto».
Dunque le aziende americane fanno bene...
«Sì, anche perché la maternità retribuita non è prevista. Però bisognerebbe sempre dare la possibilità di scelta. Negli Usa c'è una cultura improntata sulla competizione e sul lavoro, ma una donna dovrebbe poter scegliere fra il tempo pieno e il part time, per esempio».
Quando lei lavora come si organizza?
«Ho una tata che è una santa. E poi mando le bambine all'asilo nido».
Asilo vicino a casa o all'ufficio?
«Vicino a casa, ma solo perché io ho sempre lavorato in aziende che non hanno un nido interno. Certo se ci fosse un nido aziendale sarebbe l'ideale...».
Perché i nidi aziendali sono ancora pochi in Italia?
«Più che altro per una questione di spazi e poi è difficile avere i permessi. Di solito li hanno solo le aziende molto grosse».
Suo marito l'aiuta?
«Sì, moltissimo, ma lavoriamo tutti e due. E alla fine quella che si smezza di più sono io».
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