L’INTERVISTA STEFANO RODOTÀ

RomaProfessore Stefano Rodotà, lei è uno dei tanti «big» che ha rifiutato di correre per un seggio a Strasburgo con la casacca del Pd. Perché?
«Per una ragione molto semplice: mi sarebbe sembrato un ritorno al passato, il mio servizio civile è stato lungo e appagante. Basta così».
Decisione sofferta la sua?
«Affatto. Ci ho riflettuto una mezza giornata, non di più. Poi ho sciolto subito le riserve».
Chi l’ha contattata? Franceschini in persona?
«Me lo hanno chiesto Franceschini ma anche D’Alema e Fassino. Molto Fassino».
Il suo sarebbe stato un nome forte: non se l’è sentita di dare una mano ai suoi amici?
«Quindici anni da deputato, otto anni da presidente dell’autorità garante per la protezione dei dati personali. Mi sembra più che sufficiente, ho già dato».
Però ci avrà pensato un po’, no?
«Ma no. Ho visto che la questione della mia candidatura è rimbalzata per giorni sugli organi di informazione. Fin troppo. Devo dare atto all’Unità di essere stata la prima a dire, subito, come sono andate realmente le cose».
E come sono andate?
«Già il 17 aprile scorso hanno pubblicato la notizia che avevo declinato l’offerta del Pd».
Insomma, il suo «no, grazie» non sembra molto travagliato. Giusto?
«Infatti non lo è. Tuttavia le confesso che mi ha fatto un enorme piacere constatare che abbiano pensato a me. È stata una sorta di riconoscimento del lavoro che ho fatto in tutti questi anni».
La politica non le interessa più?
«Certo che mi interessa. In fondo continuo a far politica: partecipo alla discussione pubblica, non mi sento escluso o emarginato».
Allora le faccio una domanda politica: come valuta le candidature appena decise?
«Eh no... Mi sono dislocato su un altro fronte: quello del politico non militante. Da anni ormai non faccio più valutazioni di questo tipo. Non firmo più alcun appello. Neppure per il voto a favore di qualcuno».
Non si sbilancia nemmeno di un millimetro?
«Eh eh eh... Forse dopo otto anni da garante mi sono legato al cosiddetto “doveroso riserbo istituzionale”».
Faccia finta di aver accettato la candidatura. Eletto a Strasburgo: a che gruppo si iscrive?
«Be’, su questo non faccio fatica a risponderle. Credo che in Europa la collocazione naturale e congeniale sia quella nel Pse».
Oh... Ecco un bel nodo politico. Nel Pd mica sono tutti d’accordo.

Lei che ne pensa?
«Vedo che c’è una legittima discussione in corso, ma questi sono affari loro».
Sì ma i cattolici del Pd?
«Guardi, mi interessa molto di più il lavoro della commissione scientifica dell’agenzia per i diritti fondamentali dell’Unione europea che tuttora presiedo».

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